E’ partito in sordina, anzi in silenzio ascoltando parola dopo parola la conferenza stampa di Claudio Tommasini. Poi però l’intervento davanti ai media e alle telecamere di Marco Atripaldi è stato una sorta di fiume in piena partendo dall’inaspettato nervosismo che si è visto nella sfida contro Roma, passando per il derby di Avellino, fino ad arrivare ai mormorii nei confronti di una squadra che l’ex dirigente dell’Angelico difende a spada tratta e forse anche di più. «Il derby è una partita importante e lo sappiamo – ha esordito lo stesso giemme bianconero -. Ma non per questo dobbiamo continuare a metterci pressione più di quanto non abbiamo fatto fino a questo momento. Sarà una partita in cui la chiave più importante sarà quella di ritrovare il sorriso e soprattutto la voglia di divertirsi delle prime tre settimane di campionato. Poi sulla partita sarà il campo e quello che faremo a decidere chi vincerà, senza dimenticare quelli che sono gli obiettivi ed il modo di costruire la squadra da una parte e dall’altra. Avellino ha messo in piedi un roster per arrivare almeno tra le prime cinque di questo campionato quando sarà finita la regular season, per quanto ci riguarda ci è stato chiesta una salvezza tranquilla e per la quale abbiamo costruito il roster che ritenevamo più adeguato».
Un derby, però, che ha un sapore particolare anche per te, visto che dall’altra parte dietro la scrivania c’è una tua vecchia conoscenza come Marco Aloi…
«Le partite si giocano in campo noi possiamo solo godere dello spettacolo. Magari spero di vincere e di pagargli una cena come pegno».
Questo uno dei pochi commenti con il sorriso sulla faccia dello stesso Atripaldi. L’altro riguardava la notizia del pagamento della multa da parte di Marco Mordente della multa per poter commutare la squalifica successiva all’espulsione di domenica pomeriggio a seguito di quello che è stato semplicemente un momento di sclero seguito dalle scuse infinite da parte del capitano bianconero: «Credo che da domenica sera abbia chiesto scusa di persona o tramite cellulare, sms anche al custode del campo o al parcheggiatore della domenica o quello sotto casa sua – ha esordito sorridente Atripaldi -. Tra l’altro ha voluto pagare personalmente la penale e quindi la multa per la commutazione della squalifica in ammenda e poter giocare e rimediare sul campo a quanto accaduto domenica pomeriggio al Palamaggiò. Marco sa che per noi è un giocatore importantissimo, è il giocatore che fa da collante tra i vari aspetti sia tecnici che tattici di questa squadra, tra l’altro l’abbiamo tenuto per questo perché sapevamo che ci avrebbe dato una grande mano in momenti di difficoltà come quelli in cui eravamo nel primo tempo contro Roma. Sull’episodio accaduto poi nel secondo tempo, credo che ci sia poco da commentare, anche perché in tanti anni di carriera credo che il curriculum come persona e come giocatore di Mordente parli letteralmente da solo. Quello sfociato nell’espulsione è stato figlio di un nervosismo dovuto ad alcuni fischi e ad alcune situazioni di gioco e con i compagni che lo avevano portato al limite. Il tutto però è nato da quella questione fischi sulla quale al momento del tecnico che poi ha scatenato il tutto, lui mi diceva di dire qualcosa perché non potevamo essere trattati in quel modo a casa nostra. Cosi come il gesto plateale nei confronti di Hannah è arrivato dopo il doppio fallo tecnico con Jones ed un fallo precedente nella difesa con Hosley. Quindi un momento di nervosismo in un momento delicato della partita che ha generato quello che tutti hanno visto, ma soprattutto un clima di nervosismo a dir poco inspiegabile». E dalla questione nervosismo è partita, dunque, la piena da parte del giemme casertano nei confronti del momento della Juve: «Ci siamo messi da soli troppa pressione addosso. Credo che le prime due vittorie e la sconfitta immeritata contro Milano, ci abbia portato ad alzare l’asticella da soli e quindi a crearci delle aspettative che da Reggio Emilia, dove abbiamo letteralmente sbattuto il muso, ci hanno portato ad avere questo senso di nervosismo inspiegabile. Noi siamo questi e credo è dall’inizio dell’anno che con grande onestà intellettuale lo diciamo senza nasconderci dietro parole o false promesse. Siamo un gruppo che deve crescere di volta in volta, partita dopo partita, con dei limiti che devono essere colmati in corso d’opera. Non l’abbiamo mai nascosto ne io ne il coach sin dal primo giorno di raduno. In queste settimane che ci hanno condotto alle tre sconfitte in fila, ho sentito e letto tante cose che non credo siano giuste per questo gruppo, ma soprattutto nei confronti dell’allenatore. Ci sono delle cose che non possiamo accettare o di fronte alle quali non possiamo sempre sorridere e magari far finta di niente. Ho letto cose irrispettose nei confronti di Molin che sinceramente non mi aspettavo nei confronti di un professionista come Lele e che vorrei ricordare che ha preso otto nuovi giocatori e li ha messi assieme costruendo quello abbiamo visto anche nelle prime tre partite. Detto questo credo che tre sconfitte in fila non possono e non debbano essere il metro di giudizio generale su questa squadra, visto che le somme si tirano a fine anno e non dopo cinque partite, anche se ci sono stati dei giocatori o delle situazioni che sono state poco accettate sin dalla pre-stagione. Di tutto questo ne ho parlato alla squadra nell’incontro mattutino del martedì proprio per sottolineare quello che sto qui a dire davanti a taccuini e telecamere. Ci siamo messi addosso pressioni eccessive e da soli, ma soprattutto ho chiesto di ritrovare quel sorriso e quella voglia di divertirsi che avevamo all’inizio. Poi ne perderemo un’altra, fa niente torneremo in campo con lo stesso spirito per vincere quella successiva. La cosa più importante è che si eliminino queste scene di isterismo, questo nervosismo che poi non sono nemmeno la fotografia di quello che si vede negli allenamenti in settimana o in generale all’interno del gruppo. Quindi bisogna tirare il fiato e ricominciare da capo».