Juve, Atripaldi mantiene i piedi per terra



Il gm Atripaldi
Il gm Atripaldi

«In tutta onestà non ho avuto nemmeno il tempo di pensarci né durante i quaranta minuti né durante i successivi cinque del supplementare». E’ stata questa la risposta secca e decisa del General Manager Atripaldi alla domanda se durante la sfida di Pesaro il pensiero di poter perdere la posta in palio l’aveva mai sfiorato la mente. Un pensiero che forse a tanti si è paventato quando al termine dei regolamentari, al suono della sirena il punteggio sul tabellone indicava un numero perfettamente uguale e che sanciva la necessità di andare avanti con attacco e difesa ancora per cinque minuti. Il tutto per un motivo molto importante e che in genere rappresenta una sorta di regola della pallacanestro se non ti mostri almeno forte mentalmente: il passaggio dell’inerzia. La Juve era perfettamente in controllo del match, era in controllo degli avversari, che però hanno avuto quel colpo di coda utile a liberarsi dalle grinfie dei bianconeri e di provare a reagire. Un colpo di coda che nella maggior parte delle occasioni colpisce dritto al volto gli avversari facendoli barcollare non poco come un pugile che ha appena subito un montante in pieno mento dopo essersi per un attimo distratto abbassando la guardia. In quel momento le reazioni di chi ha subito il colpo sono due e dipendono entrambe dalla presenza di quel piccolo ma fondamentale elemento indicato in precedenza: la forza mentale: accusare il colpo psicologicamente affrontando l’avversario con quel pizzico di paura di un nuovo montante e di sprecare tutto quello che di buono avevi costruito in precedenza perdendo, poi, ai punti o addirittura per ko; o assestarti per un attimo all’angolo aspettare che l’arbitro dia l’ok per riprendere il match, scuotere la testa per scrollarsi di dosso anche mentalmente il tutto e ricominciare da capo. Quanto appena descritto è quello che i bianconeri hanno fatto al suono della sirena del supplementare: si sono seduti sulla loro panchina dell’Adriatic Arena, si sono dissetati, hanno scosso la testa, hanno preso coscienza del colpo e della rimonta di Pesaro, hanno preso coscienza che quanto avevano fatto fuino a quel moment o non era stato un caso, hanno scosso collo e spalle e sono rientrati in campo come per la prima palla a due sotto l’incitazione di coach Molin. Poi il resto è stato l’esatto ripetersi di quanto era avvenuto nei minuti precedenti all’ultimo periodo, come ancora un pugile che aveva preso coscienza della forza del proprio avversario ed è tornato alla massima concentrazione per non permettergli ancora una volta di entrargli al mento col montante a difesa bassa. Facile a dirsi, molto meno a farsi. Molto meno facile quando per le mani ti ritrovi una squadra che presenta una media età che escludendo Mordente e Michelori si aggira intorno a quella di secondo, massimo terzo anno universitario. Ed invece la Juve,. I giovani rampanti della Juve ancora una volta hanno mostrato forza mentale, hanno mostrato la forza di tenere concentrazione e di farsi scivolare addosso l’accaduto e di continuare o riprendere da dove avevano lasciato: «Non è facile ne lo si poteva immaginare – ha commentato al riguardo lo stesso Atripaldi – alla vigilia della stagione che questi ragazzi potessero avere questa durezza mentale. Nel supplementare poteva succedere di tutto, ed invece abbiamo avuto la fermezza mentale di riprendere a giocare e portare a casa la vittoria. UN passo in avanti da questo punto di vista, che forse arriva anche molto prima di quanto pensassi».

E all’orizzonte c’è già un’avversaria come Milano…



«Ovviamente guardando avanti sono la squadra più forte e quella da battere quando l’estate sarà alle porte. Al momento non so se quella che arriverà a Caserta rappresenterà l’asticella più alta, di sicuro lo sarà tra qualche mese. Hanno giocatori che in teoria sono molto speculari ai nostri, ma non dobbiamo mai dimenticare del talento di cui sono dotati. Sono una squadra che nell’ultima uscita ha giocato tanto in area con Samuels, ma può cambiare tante versioni dello stesso quintetto. Noi, ovviamente, proveremo a giocare la nostra pallacanestro senza farci condizionare dagli avversari. Proveremo a dimostrare passi in avanti anche in partite del genere. Il contropiede? E’ una cosa che fa parte del dna di questa squadra. Magari già tutti sanno che preferiamo correre e quindi proveranno ad abbassare i ritmi, ma poi abbiamo dimostrato che anche da canestro sbagliato e rimbalzo siamo capaci di andare via in velocità con passaggi al bacio e lunghi come Moore che corrono come degli esterni. Ora siamo la squadra più divertente e spettacolare, un qualcosa che sapevo che potevamo esprimere nel corso della stagione ma non cosi presto e questo è merito dei ragazzi e dello staff tecnico. Ma ancora una volta oltre le schiacciate, i contropiedi e quant’altro, quello che mi piacerebbe sottolineare è l’approccio mentale, la grinta e la determinazione che questi ragazzi di volta in volta mettono in campo».

Quindi quale caratteristica mostrata in queste due partite di campionato dalla tua Juve, ti è piaciuta di più?

«La complementarietà dei giocatori. Ovviamente una qualità che avevamo studiato a tavolino con il coach quando questa squadra l’abbiamo costruita, ma poi la stessa deve tramutarsi in campo. Non abbiamo solo giocatori che possono correre il campo, ma anche intercambiabili e votati alla difesa in diversi ruoli e questo credo che si sia visto nelle due vittorie».


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