«Una squadra che ha tante individualità di primo livello. Un qualcosa che in questo momento della stagione quando, magari, ancora il singolo può essere più importante del gruppo che ancora non ha raggiunto quella amalgama generale, è un qualcosa di molto importante». Questo il primo commento, questa la prima definizione di Sergio Luise della prima avversaria della Juve nella nuova stagione. Un’avversaria che in estate ha dato sfoggio al portafoglio e alle risorse economiche per riunire sotto lo stesso tetto e sotto la guida di Mazzon gente come Taylor, Easley ed Andre Smith. Una squadra che quindi si candida senza se e senza ma ad un posto tra le prime quattro d’Italia, dopo un anno tra alti e bassi nella passata stagione. «Una squadra che ha tanti leader – ha continuato lo stesso assistente in panchina di coach Lele Molin – che hanno bisogno di avere il pallone tra le mani per poter creare e dare sfoggio del proprio valore e quindi assumersi le necessarie responsabilità i determinati momenti della partita quando, magari la palla scotta o quando ne sarà necessario. Senza contare che queste individualità hanno quasi tutte una doppia dimensione e quasi tutte molto pericolose specialmente nel 1vs1».
Quindi si può dire che la mancanza di un’identità di gruppo e di gioco di squadra non ancora al 100%, può essere un fattore a vantaggio della Juve…
«Non proprio, visto che potrebbe essere una cosa comune a tutte le squadre in questa fase della stagione. Ma se pensiamo che coach Mazzon ha dovuto fare a meno in questa pre-season sia di Vitali per la Nazionale che Giachetti per infortunio e quindi ai due playmaker della squadra, allora un po’ a nostro favore».
Guardando il roster dei lagunari, però, la coppia di esterni che hai citato può essere una sorta di punto meno forte rispetto al resto del gruppo che invece è di altissimo livello. Insomma può essere un punto da attaccare?
«Di sicuro non sono allo stesso livello, sulla carta, degli altri giocatori, ma secondo me era quello che a loro serviva. Sono giocatori che non chiedono troppo la palla ma che provano a costruire per gli altri che come dicevo in precedenza, invece, la palla la reclamano di più. Quindi il tutto non può essere messo sul piano del talento, ma bensì come dicevo in precedenza sulla mancanza di amalgama con la squadra e quindi di gruppo».
Tra le armi individuali di cui parlavi in precedenza, poi, ce ne è una che tu hai allenato ed il pubblico casertano ha osannato per un’intera stagione: Andre Smith…
«Un giocatore fantastico. Uno dei lunghi nello spot del quattro e del cinque se non più forte, tra i primi tre di questo campionato. Una pedina fondamentale per Venezia, un giocatore che consoce questo livello di campionato con in più una forte esperienza europea. Un giocatore che ha pochi punti deboli e che può giocare sia spalle che fronte a canestro, sia tirando direttamente che mettendo palla a terra. Insomma un cliente molto difficile per il nostro intero settore lunghi, visto che lui può giocare sia con che al posto di Easley e quindi sarà compito di Scott, Brooks, Michelori e Moore tenere alto il livello di concentrazione per provare a limitarlo con gioco duro sia a livello fisico che mentale».
Passando alla Juve, in questo periodo si è parlato tanto di quello che va e di quello che funziona e quindi di quelle che sono le certezze sulle quali coach Molin potrà fare affidamento per la prima di campionato. Per quanto riguarda, invece, il rovescio della medaglia, cosa ancora manca a questa squadra?
«Una continuità di rendimento nel corso dell’intera partita. Le ultime due partite contro Siena e Bologna, credo che ne siano state la nitida dimostrazione. Dobbiamo eliminare, come normale che esistano in questo momento della stagione, gli alti e bassi sia individuali che di squadra. Dobbiamo tenere alto questo fattore sia entrando che uscendo dalla panchina. Ci manca ancora quel pizzico di comunicazione cestistica dovuta alla diversità di basket giocato dai vari interpreti ed ora riuniti per la prima volta tutti assieme. Insomma ci mancano tutte quelle cose normali che solo il tempo ed il campo ci può regalare. Questa è una squadra che ha bisogno di giocare ed ha bisogno di capire il tipo di basket che gioca l’avversario. L’essere finalmente catalizzati su un solo obiettivo e quindi in questo caso su Venezia, non può che farci bene».
Come e dove si vince contro la Reyer?
«Come dicevo in apertura di intervista è una squadra che potrebbe basarsi tanto sulle individualità e quindi se riuscissimo a portare queste individualità a forzare la mano, potremmo esserne avvantaggiati. La settimana di preparazione è appena iniziata, sappiamo come e dove lavorare, la strada è quella giusta e non vediamo l’ora di scendere in campo».