«Quello che mi ha convinto ad accettare l’offerta della Juve è stata la composizione del roster. Dopo la chiamata per sondare la mia disponibilità e la possibilità di accettare di venire a giocare a Caserta, ho dato uno sguardo al roster della squadra e sono rimasto impressionato. Già sulla carta si trattava di una squadra fatta di atleti pronti a dare il massimo sia da una parte che dall’altra del campo». Esordisce cosi Jeff Brooks nel commentare la sua decisione di qualche mese fa di accettare l’offerta targata Pasta Reggia prima di giungere, poi, all’ombra dello stesso capolavoro vanvitelliano. Determinato, sicuro di se e di quello che questa squadra potrà fare da qui alla prima sirena dell’anno o anche più avanti: «Quando poi sono arrivato qui a Caserta e abbiamo iniziato a mettere piede in campo – ha continuato lo stesso ex Cantù – ho avuto la dimostrazione di quanto avevo solo immaginato. Se in questo periodo di preparazione alla prima sfida di campionato, ma soprattutto durante tutto lo stesso campionato, riusciamo a combinare questa dote atletica con le qualità tecniche individuali di ognuno di noi, potremo diventare una squadra molto solida e difficile per tutti».
Quanto, invece, ha inciso sulla tua decisione la presenza in panchina di coach Lele Molin?
«Ovviamente ha avuto la sua buona fetta di importanza. Ma al di là di quanto ha potuto incidere sulla mia decisione posso dire solo che sono molto contento di vederlo dirigere in prima persona una squadra e ed in questo caso la mia. E’ un allenatore che riesce a tirare fuori da ogni giocatore il meglio di se sia dentro che fuori dal campo. Un allenatore capace di costruire una base solida con i suoi giocatori riuscendo a trovare quell’equilibrio giusto tra il divertimento ed il lavoro duro in palestra, quell’equilibrio che fa la differenza».
Cosa ci dovremo aspettare da lui, tu che lo conosci bene?
«E’ un lavoratore senza sosta, un professionista serio e che proverà a spingere, giorno dopo giorno, la propria squadra a giocare nel modo giusto e nel modo più duro possibile senza risparmiarsi mai».
Dopo il bagno di folla con i tifosi, i primi allenamenti dal punto di vista atletico, sono arrivati anche quelli dedicati al basket e le prime due amichevoli. Guardando a quanto avete fatto in campo contro Veroli e Napoli, quale la tua idea di basket che potrà giocare questa Pasta Reggia?
«Una squadra che prima di tutto lotterà su ogni pallone in difesa. In due partite abbiamo dimostrato di avere già una buona intesa anche se sappiamo che abbiamo ancora tanto da lavorare. Siamo una squadra che ha taglia fisica e la useremo fino in fondo per subire meno canestri possibili. Dall’altra parte, come dicevo in precedenza, il nostro atletismo ci potrà permettere di giocare sia in velocità contro squadre anche più alte e grosse di noi, partendo appunto dai recuperi difensivi o a metà campo seguendo il ritmo e flusso della partita».
Insieme a Mordente e Michelori sei l’unico ad aver giocato e quindi a conoscere il campionato di LegaA. Se dovessi scegliere i consigli da dare ai tuoi compagni di squadra che per la prima volta si affacciano a questo palcoscenico, quale daresti?
«Dare il massimo ogni sera e restare fiduciosi. Quando sei un professionista e giochi in un massimo campionato come quello italiano, vorresti giocare bene tutte le sere, ma nella realtà questo non sempre succede. Ed allora devi continuare a lavorare, devi continuare ad andare in palestra per migliorare e riuscire a trovare il modo giusto per essere costante».
Quindi ricapitolando quali i punti di forza e quali i punti deboli?
«Atletismo e varietà di soluzioni in mezzo al campo da una parte, la chimica dall’altra. Questo però sarà un punto debole tempo areno, presto con gli allenamenti diventeremo un gruppo unito e che conosce alla perfezione ogni altro componente».
Passando al lato personale e per conoscerti meglio, di te si dice che vivi secondo due motti: “what can man do to me?” (letteralmente ‘cosa mi può fare la gente?’) e “I’m my brother’s keeper” (son il custode di mio fratello). In realtà cosa significano per te?
«Il primo è molto semplice ed è un modo per dimostrare il mio non aver timore o paura di nessuno quando scendo in campo. Certo prima di ogni partita sono nervoso, ma quel tipo di nervosismo normale per un atleta e che ti tiene concentrato fino alla palla a due prima di esplodere in agonismo. Il secondo invece è tratto dal passo biblico di Caino ed Abele. Ho un fratello più piccolo e sono pronto a tutto e a fare qualsiasi cosa per lui che è una parte fondamentale della mia vita. Ho le sue iniziali scritte su tutte le mie scarpe, in modo tale di averlo al mio fianco ogni volta che calco il parquet».
Il tuo non avere paura di nessuno, poi, è espresso anche dal tuo film preferito: fight club…
«Credo che il messaggio che si evince da questo film sia che ognuno è sempre capace di fare di più e di ottenere di più di quanto possa pensare. Ma un film che mette in mostra alcune caratteristiche che cerco di avere tutti i giorni nella mia vita: resistenza, intelligenza, forza e coraggio in modo tale di avere quella non paura di nessuno di cui parlavo in precedenza».
Tutto questo quanto ti ha aiutato nell’esperienza in Eurolega lo scorso anno e quanto quell’esperienza ti ha dato come giocatore?
«E’ stata un’esperienza che conserverò dentro di me per sempre. Una competizione terrificante per intensità e talento e sono contento di averla giocata cosi presto nella mia carriera. Una competizione che ti stimola tantissimo e che mi ha fatto crescere soprattutto dal punto di vista della durezza e comprensione del gioco ad un altro livello».