L’anno scorso era da tutti visto come l’icona della Juve, quel giocatore di sostanza, di sacrificio, che lavorava come un matto su ogni pallone che si gettava sul parquet su una palla vagante, che si prendeva tanti falli dalla difesa, che monopolizzava il settore rimbalzi. Chissà quante volte i tifosi casertani avranno digrignato i denti su qualche libero sbagliato di troppo, o come si siano sorpresi della sua tripla in transizione contro Milano nei playoff, ma Andrea Michelori, alias “Il Gladiatore”, è stato davvero qualcosa di unico per la Juve di Sacripanti. Era lui di solito a cambiare faccia alla Juve, a contraddistinguere momenti positivi e a piazzare break. Sempre disponibile e gentile con tutti, ha lasciato uno squarcio profondo in questa Juve, qualcosa che non può essere colmato neanche dalle tre doppie doppie consecutive di un Luca Garri superlativo. Più che l’acquisto di Olumide, o la conferma di tutto il blocco, quello che più ha fatto piangere il cuore degli aficionados del Palamaggiò è stata la partenza del lungo milanese, che è andato a giocarsi le sue chances in quel di Siena. Solo che ora fa davvero rabbia vederlo seduto dietro a fior fior di campioni, con solo gli spiccioli della gare. Non si rimpiange mai nessuno, ma vedere un giocatore come lui inattivo e pensieroso fa riflettere e pensare su come sarebbe potuto essere decisivo a Caserta. Si parlava proprio di questo con Di Bella a inizio stagione, il compagno di mille avventure, anche lui sorpreso e dispiaciuto. Caserta è in fondo alla classifica, in crisi, e sembra non avere quello stimolo, quella foga che proprio l’ex Virtus Bologna sapeva dare. Soprattutto, non ha più quell’impatto devastante dalla panchina, che permetteva di dare anche respiro a qualche titolare. Un’impresa impossibile, ma bisogna lottare su ogni pallone, come il Gladiatore avrebbe fatto se in casacca bianconera.