“Ho letto con interesse l’articolo che mi è stato “dedicato” su una nota rivista on line tecnica nazionale (BoxeRingWeb). Innanzitutto ringrazio a prescindere da tutto per i giudizi e apprezzo come sempre la competenza. Bisogna però riconoscere quanto sia difficile in assoluto per un pugile e, ancor di più in questo momento, operare delle scelte possibilmente senza incorrere in errori. Dopo la meravigliosa esperienza di Londra2012 mi sono chiesto quale sarebbe stato il mio prossimo obiettivo. Bene, ora come allora, te lo riconfermo: Rio2016. Certamente da attento osservatore e conoscitore del pugilato non sarà sfuggito che Londra2012 sono state al contempo le prime Olimpiadi aperte al pugilato femminile ma anche le ultime con riferimento alla boxe olimpica del “caschetto, maglietta e macchinette”. Sono certo che possiate condividere il fatto che siamo nel mezzo di una profonda trasformazione che cerca di uniformare il nostro sport in tutte le sue fasi, pur nel rispetto delle differenze temporali nell’ambito della carriera di ciascun atleta. Pare, o se preferite sembra, che il pugilato delle prossime Olimpiadi ma già a partire dai prossimi Mondiali sarà molto simile a quello che da 3 anni a questa parte si sta realizzando nell’ambito delle World Series of Boxing con ovviamente la non trascurabile anzi, fondamentale differenza della distanza (3 vs 5 round). Come vedete, il condizionale e’ ahimè (anzi ahinoi) d’obbligo. Siamo in piena fase dei “pare”, “sembra” e quindi in assenza di certezze ma in presenza di ipotesi più o meno verosimili. Questo rende il quadro più complesso aumentando la difficoltà nella scelta. A giudicare dalle affermazioni altrui, si dispone di maggiori certezze e credetemi ve le invidio. Da parte mia, alla luce delle considerazioni esposte, ho dato con entusiasmo la disponibilità a fare parte della squadra italiana che partecipa alle WSB. Anzi sono onorato di fare parte di questo team che può contare su una struttura di grande professionalità e competenza e che molto bene sta facendo per il pugilato nel nostro paese (quest’ultima sì merce rarissima).
Ero perfettamente consapevole dell’handicap di non avere la mia categoria di peso naturale (67kg) né quella nella quale ho colto i risultati più significativi e le prestazioni più convincenti (64kg). Proprio in ragione di questa particolare situazione, i tecnici ed i dirigenti della Dolce&Gabbana Italia Thunder hanno ritenuto di utilizzarmi adottando alcune cautele, da me peraltro non ritenute necessarie, ma comprensibili.
Ho svolto 3 incontri che contrariamente ad alcune analisi mi hanno consentito di fare una prima esperienza senza caschetto, maglietta e macchinette assai formativa e sarei stato impegnato nell’incontro più importante dell’intera stagione, se fossimo riusciti a portare allo spareggio la “corazzata” ucraina.
È stata una stagione (ottobre -aprile) molto utile e gratificante, tutt’altro che persa. Spero che le WSB si estendano quanto prima a 10 categorie di peso, le stesse delle Olimpiadi e quindi comprendendo anche quella più vicino al mio peso naturale. Quanto al professionismo, i matrimoni si fanno quando si è pronti in due. Forse io non sono ancora pronto per il professionismo ma certamente il professionismo non è ancora pronto per accogliermi.
Come si dice benissimo in questa rivista, il problema in Italia non è la mancanza di buoni pugili (certo non ne abbiamo molti), ma dell’assoluta precarietà connessa a questa attività. Speranzoso che stavolta si possa dar vita ad un dibattito approfondito su questi temi importanti non solo per me ma per tutto il movimento pugilistico italiano, saluto tutti cordialmente augurandomi una maggiore comprensione con riferimento ai cambiamenti in corso”.
Vincenzo Mangiacapre