«Tranne qualche partita in cui ha spento la luce, credo che in tantissimi frangenti ed occasioni sia stato uno dei migliori centri di questo campionato. Un giocatore che, e questo lo dico con grande presunzione, gioca bene solo quando lo alleno io e lo dicono anche i fatti, dal momento che è stato mandato via da altre parti, ma perché lo conosco meglio di chiunque altro non solo dal punto di vista cestistico, ma anche personale. Poi in questo lavoro si fanno delle scelte e lui ha preso la sua insieme all’agenzia che è quella che ormai tutti sappiamo. Certo a mio parere poi certe scelte si pagano e ti tornano contro, ma ormai non possiamo farci nulla, siamo professionisti e guarderemo avanti anche senza di lui». Non certo la prima domanda e la prima questione affrontata da coach Pino Sacripanti nella sala stampa di domenica sera dopo la vittoria di Brindisi, ma il timoniere canturino ha certamente messo le cose in chiaro riguardante la situazione di Deji Akindele che dal suo personale punto di vista ha deciso, dopo il successo a Cantù, che quella in brianza sarebbe stata la sua ultima partita in bianconero. Ieri il nigeriano è stato avvistato al palazzetto di viale Tiziano a Roma per assistere alla gara tra Virtus e Scandone Avellino; un comportamento che, inutile negarlo, ha fatto ulteriormente arrabbiare la tifoseria casertana anche se, sulla vicenda Akindele, adesso si dovranno aspettare i prossimi passi sia del giocatore che della franchigia di Pezza delle Noci.
Un addio inaspettato, non programmato nonostante le sirene turche, ma che alla fine ha lasciato quell’amaro in bocca al resto della truppa per qualche giorno, uno in particolare, per poi rimboccarsi le maniche di nuovo e ricominciare da capo cosi come aveva sempre fatto fino a questo momento e cosi come racconta lo stesso Sacripanti: «La decisione di Akindele è stata un qualcosa che va al di là della semplice doccia gelata. Siamo passati dalla gioia di Cantù dove abbiamo sommerso tutti Marzaioli per averci comunque dato la possibilità di continuare a sperare nei playoff, all’addio di Deji senza nemmeno salutare e questo giovedì ci aveva letteralmente spezzato le gambe. La dimostrazione è stato l’allenamento che abbiamo svolto giovedì pomeriggio che credo che sia stato il peggiore degli ultimi quattro mesi. Poi venerdì ho parlato alla squadra, ci siamo rimboccate le maniche ed eccoci qui a parlare di un’altra impresa. Una vittoria che è la nitida dimostrazione di come la pallacanestro non è solo un contratto firmato, ma anche voglia, passione, attaccamento alla maglia e al pubblico, tutte cose che questi ragazzi hanno deciso di onorare fino alla fine di questa stagione senza altri pensieri».
Quindi volendo tirare la linea, tanto cuore, tanto Michelori e poi?
«Anche tanto tatticismo. Prima di tutto vorrei dire che Michelori in settimana è stato un elmento di grande preoccupazione, visto che venerdì è andato a casa con la febbre alta e che quindi ha rischiato di non essere della partita – ha continuato il coach canturino -. Fortunatamente non è andata cosi e ha giocato una grande partita come tutta la squadra. La stessa che oltre il cuore ha eseguito alla lettere e nel migliore dei modi un piano che avevamo studiato se e nel caso in cui Brindisi avesse praticamente giocato solo in post basso contro Jelovac. Cosi è stato ed allora abbiamo messo in scena il piano ‘B’. Un piano fatto di un run and jump adattata con raddoppi per evitare di far arrivare la palla in post basso e dare loro la possibilità di saltare la prima linea e di tirare in soprannumero, ma non attaccarci in quella zona del campo. Una mossa che ha funzionato, che ha dato i suoi frutti e che ha tolto a Brindisi tante certezze. Chiudo sulla partita dicendo che generalmente non parlo mai dei singoli, ma questa volta una menzione particolare a Jelovac che è stata la nostra croce e delizia in campo e Jonusas che dopo essere atterrato venerdì da una visita specialistica dalla quale si è evinto che deve ripulirsi una caviglia con una operazione, si è messo immediatamente a disposizione della squadra fino a che la caviglia tiene botta».
A questo punto, però, oltre a credere nei miracoli, si continua a credere anche nei playoff…
«Non vedo perché non dovremmo farlo. Non dovevamo vincere a Cantù e abbiamo vinto, non dovevamo vincere questa sera senza Akindele e abbiamo vinto. Noi andiamo a Venezia per giocarci questa opportunità, poi magari prendiamo 30 punti se i valori in campo emergono fino alla fine, ma noi ci proviamo».