Sacripanti: “Finita la benzina, un vero peccato”



Sacripanti a colloquio con Mordente
Sacripanti a colloquio con Mordente

Un misto tra contrariato, deluso,amareggiato, ma anche consapevole dei limiti, della differenza di talento e di taglia fisica, ma soprattutto di condizioni fisiche che c’erano tra la Juve e nella sfida del mezzogiorno dell’Italia del basket che rappresenta sempre un classico del mondo della palla a spicchi tricolore. Cosi si è presentato Pino Sacripanti nell’immediato dopo partita e nell’0immediato dopo sconfitta contro quell’Armani Milano domata per ben venti minuti. Venti minuti che sono stati il motivo della parte di delusione, amarezza e dell’essere contrariato. Venti minuti in cui i bianconeri hanno messo in pratica quello che erano riusciti a fare per tutta la partita, contro Sassari all’inizio di questo 2013 e che aveva regalato quel ramo di speranza per le Final Eight poi svanito via con la debacle in terra emiliano contro Reggio. La stessa speranza che dalla palla a due man mano continuava a crescere quando punto su punto e canestro su canestro, il vantaggio dei padroni di casa aumentava fino ad arrivare in doppia cifra al termini dei primi dieci minuti e abbastanza consistente al suono della sirena dell’intervallo dopo una timida reazione di Milano. Ma cosi come a Reggio la speranza è svanita in venti minuti. Contro la Trenkwalder nei primi e contro Milano nei secondi. Tutto il contrario di tutto per una squadra che di sicuro ha accusato il colpo dei tanti infortuni e dei tanti intoppi che ha dovuto affrontare nel corso della settimana di avvicinamento ad una partita che a differenza di quanto si era visto all’esordio di questo campionato, poteva essere alla portata della Juve, poteva essere alla portata e nel range di imprese che i casertani avevano abituati in questo ultimo periodo. Ed invece tutto è svanito nel secondo tempo, cosi come ha provato a spiegare lo stesso coach Sacripanti nell’analizzare l’accaduto sui ventotto metri del campo di Pezza delle Noci: «Purtroppo i problemi fisici non ci hanno abbandonato per tutta la settimana e forse anche da più tempo. Non riusciamo più a trovare quella intensità in allenamento che ci aveva contraddistinto fino ad ora e questa cosa la paghiamo in partita. La paghiamo soprattutto nell’arco della partita contro formazione che hanno rotazioni lunghe come quelle di Milano, mentre noi dobbiamo comunque fare di necessità virtù inteso come adattare la nostra non lunghissima panchina ai problemi fisici. Abbiamo pagato, per esempio, tanto le condizioni non ottimali in settimana di Akindele e Jonusas, ma soprattutto come dicevo in precedenza, abbiamo pagato la mancanza di quella intensità di allenamenti che è il nostro punto di forza. Questa è una squadra che ha bisogno di allenarsi al massimo ed al massimo dell’intensità per portare in campo, poi, determinate situazioni. Purtroppo in questa settimana non siamo riusciti a farlo. Nonostante tutto, però, va detto, guardando il rovescio della medaglia, che abbiamo giocato un primo tempo di buonissimo livello. Abbiamo gestito bene i nostri giochi d’attacco, partendo in maniera ordinata e giocando bene il pick and roll e le uscite sui blocchi dei nostri tiratori e facendo il classico dentro fuori con Akindele in post basso. Venti minuti in cui abbiamo messo in difficoltà una squadra con tanto talento come Milano. L’unica pecca di quei venti minuti e che credo che poi abbia avuto un grande peso sulla partita, siano stati i liberi. Abbiamo sbagliato tanto dalla linea della carità e abbiamo concesso tanto dalla linea della carità. Ovviamente ci sono stati dei momenti in cui i falli ci hanno un po’ condizionato in difesa e messo quel peso addosso del bonus dopo pochi minuti che ha avuto la sua importanza, ma abbiamo concesso troppo da questo punto di vista».

Poi nel secondo tempo cosa è successo?



«E’ successo che nel secondo tempo abbiamo avuto in calo di energie, un calo di tensione mentale e nervosa che ci ha portato a smarrire la strada principalmente in attacco. Abbiamo smesso di giocare in maniera ordinata, abbiamo smesso di giocare in maniera razionale il dentro e fuori ed il pick and roll, ma soprattutto abbiamo smesso di cercare quel passaggio in più e quell’uomo giusto al post giusto come nel primo tempo. Dobbiamo essere più duri mentalmente, dobbiamo pensare al gruppo e meno a noi stessi cosi come abbiamo fatto in passato».

Nonostante tutto quale il rammarico che resta?

«Il non poterci allenare come si deve. Il non poterci esprimere come si deve. Ma come ho detto ai ragazzi non possiamo permetterci di mollare. Dobbiamo allenarci duro e con intensità anche sul dolore e pensare di essere sempre con l’acqua alla gola e di essere a quota se punti, in fondo alla classifica e con la salvezza da conquistare».


error: Content is protected !!
P