«Eravamo sicuri del lavoro svolto, sia sul campo che in fase di preparazione del piano partita. Poi è sempre il campo che deve dare le risposte, ma eravamo sereni della nostra settimana». Parte da questa convinzione il commento di Sergio Luise all’ultima impresa bianconera, in termini temporali, di una squadra che continua a stupire sui ventotto metri di campo. Una convinzione di potersela giocare, una convinzione di poter bissare il successo contro Avellino, ma soprattutto la convinzione di poter riscattare la sfida e la sconfitta contro Venezia e dimostrare che quello bianconero è un sistema attuabile e vincente anche contro le corazzate quale la Dinamo Sassari. Ed allora alla fine la convinzione ha dato ragione allo staff tecnico, ha dato ragione ai giocatori, ma soprattutto ad una difesa che ha eliminato dal campo gente come Thornton e come Easley lasciando ai cugini Diener a sola incombenza di dover sostenere l’attacco biancoblù. Troppo anche per due talenti come Drake e Travis, soprattutto poi se dall’altra parte del campo i bianconeri hanno sfornato la loro miglior prestazione offensiva di questa stagione cosi come spiega anche lo stesso Luise interrogato al riguardo: «Nei primi due quarti l’attacco ha prodotto come mai in questa stagione, con una buona divisione tra tiri da fuori e conclusioni dentro l’area, oltre ai tiri presi in transizione. Sempre in buon equilibrio difensivo. La difesa poi ci ha permesso di consolidare il vantaggio e di resistere al loro tentativo di recupero,con la zona e con una forte pressione sulla palla».
La vittoria nel derby la si può definire ‘emozionale’, questa con Sassari? E perché?
«Vittoria della consapevolezza dei nostri mezzi, della nostra forza e del nostro lavoro anche come staff. Una consapevolezza che come ho avuto modo di anticipare in precedenza abbiamo acquisito in questi mesi di duro lavoro».
Si è parlato tanto di gruppo, di singoli come Mordente o Gentile, ma quale il tuo giudizio sul ruolo di ‘show stopper’ che ormai ha assunto Giuliano Maresca, dal momento che ormai a lui vengono assegnati gli avversari più pericolosi sugli esterni?
«Già l’anno scorso spesso era sulle tracce dell’uomo più pericoloso. In questa stagione visto la duttilità, anche fisica, dei nostri playmaker, spesso è chiamato anche a marcare i play avversari, pressandoli tutto campo. Sappiamo che possiamo sempre contare sul suo spirito di sacrificio e sulla sua dedizione. Insomma da vero capitano».
Ora a Reggio Emilia la Juve scenderà in campo con la consapevolezza e la possibilità di agguantare un obiettivo importante e di grande fattura come le Final Eight. Una pressione o uno stimolo in più?
«Nessuna pressione. Uno stimolo per fare un ulteriore passo in avanti verso il nostro obiettivo finale. Certo sarebbe una grossa soddisfazione e un ottimo risultato, ma scenderemo in campo con la solita concentrazione e voglia di vincere».
Quali i rischi Contro la Trenkwalder?
«È una squadra che esegue molto bene i propri giochi con obiettivi precisi e un giocatore, Taylor, dal talento nell’ uno contro uno superiore alla media. Infatti il pericolo numero uno deriverà dai suoi isolamenti».
Quale la chiave per vincere?
«Giocare senza timore, sviluppando il proprio gioco, cercando di mettere della sabbia nei loro ingranaggi e costringendoli ad iniziative personali».