Involontariamente, senza volerlo e seguendo semplicemente le strade che il mercato, il destino, il fato e la Dea Bendata ha messo davanti allo staff tecnico bianconero; l’asticella dell’obiettivo stagionale della Juve si è leggermente alzata e non di pochi centimetri. L’ultima spinta verso l’alto, verso un obiettivo che naturalmente passa dalla semplice salvezza ad un piazzamento tra le prime otto del prossimo campionato è stato l’arrivo a Pezza delle Noci di un lungo come Deji Akindele. Un piccolo balzo in avanti, ma pur sempre un balzo. Non fosse altro che al momento di scrivere è tanta la differenza tra il roster allestito dalla società bianconera rispetto a quello organizzato e messo in piedi da parte di chi ha la permanenza nella massima serie del basket tricolore come unica ragione di sopravvivenza. In tanti casi la disparità è così evidente che rende difficile pensare ad un raffronto. Certo poi le ‘carte’, i quintetti scritti a mano o messi in bella mostra non vincono le partite e quindi sarà il campo a decidere se il gruppo bianconero sarà all’altezza della situazione, all’altezza del valore potenziale di primo ordine solo a pronunciare i nomi dei protagonisti. Al momento, l’unica incognita resta il ginocchio di Wise, anche se il natio del Texas, si sta allenando con dedizione per far si che tutto rientri nei ranghi previsti e che negli anni scorsi gli hanno permesso di sciorinare il suo talento sui ventotto metri di campo nonostante lo stesso problema. Un’incognita che vista la schiera di ‘riserve’ è meno incognita di quando si possa immaginare e perdonateci il giro di parole. Avere in un reparto esterni gente come Stefano Gentile, come Giuliano Maresca e come Marco Mordente tutti e tre perfettamente capaci di svolgere anche il compito di playmaker nonostante non sia il ruolo naturale sulle rispettive carte di identità cestistiche, rende l’imprevisto Wise di più facile sopportazione. Il resto dello starting five, poi, è sicuramente da prime otto della classe. Chatfield deve confermare la mano rovente della Francia, ma il suo curriculum parla chiaro e tondo; Jonusas è un giocatore che stranamente non fa parte di un top team europeo e capace di rivestire due ruoli. Jelovac un lungo che nella settimana di allenamento ha lasciato tutti i presenti a bocca aperta ed occhi sbarrati per la facilità con la quale manda a bersaglio palloni dalla media lunga distanza (mortifera la coppia con il lituano negli allenamenti dove fino a questo momento hanno lasciato solo le briciole ai compagni/avversari ndr) e poi il colpo finale: Akindele. Un giocatore differente da Visser. Meno passatore e tiratore, ma molto più atletico, verticale ed intimidatore. Un giocatore che Sacripanti conosce bene e che conosce il campionato italiano anche visto da vertici alti dopo la sua esperienza con la maglia della Montepaschi. Se il quintetto, però, non bastasse questa volta Sacripanti ha quello che ha sempre voluto: la panchina lunga. Tre esterni con Mordente, Gentile e Maresca ed un lungo di grandissima esperienza come Andrea Michelori che nell’ultima stagione a Caserta uscendo dalla panchina, ha disputato forse il suo miglior campionato degli ultimi anni. Insomma è facile farsi prendere dagli entusiasmi, è facile guardare il roster bianconero e pensare un po’ più in là delle torbide acque della salvezza, cosi come è giusto che la società punti e voli basso per evitare false speranze. Ma riavvolgendo il nastro della storia recente bianconera ed arrivando a quando il roster sulla carta aveva più o meno le stesse potenzialità e valore, a quando si diceva che al secondo anno non si poteva che pensare alla salvezza e che sarebbe stato un campionato difficile e dove i tanti nuovi arrivati si sarebbero dovuti integrare con una realtà diversa ed un campionato difficile, ma soprattutto a quando un gruppo di giocatori vogliosi di vincere fecero sognare una tifoseria con risultati esaltanti e quella gara5 che anche diventare il momento storico più importante del nuovo corso, poche sono i segnali diversi gli uni dagli altri. Gli eventi sono fatti di corsi e di ricorsi storici ed allora perché evitare di pensare che dopo solo tre anni non si possa essere nella stessa situazione di qualche anno addietro? Ovviamente ai posteri l’ardua sentenza.