Anche per lui, come per tanti altri giovani, la passione per il judo nasce quasi per caso, da un giorno in palestra, da un invito del suo allenatore: Francesco Faraldo, ora che è diventato ‘grande’ parteciperà alla sua prima Olimpiade, un riconoscimento per gli enormi sacrifici di tutti questi anni, un’attesa lunga ben 23 anni: “Avevo solamente 7 anni quando entrai nella palestra del mio primo allenatore, Luigi Mottola, grazie all’invito di un mio carissimo amico. Volevo fare il karate, ma in quella palestra non era possibile farlo perchè non c’era, e quindi il proprietario mi chiese se volevo fare quello che faceva anche lui, e cioè il judo, e da quel giorno non l’ho mai più lasciato. Lo sport e il judo mi ha tolto dalla strada, ho sempre trascorso ore ed ore in palestra, a prepararmi per raggiungere ogni obiettivo mi ero prefissato. Posso dire che il judo mi ha salvato, al contrario di quel mio amico, quello che mi aveva accompagnato in palestra, che invece ha preso la strada sbagliata, si è dato alla microcriminalità, e sta rovinando la propria vita”. L’allenatore è stato un padre per lui, e gli regalò il judogi, l’indumento di coloro che fanno judo, che consiste in pantaloni di cotone molto ampi e robusti e una giacca di cotone, priva di bottoni o parti metalliche, a maniche lunghe con baveri da incrociare e legare con la cintura: “Con quel judogi ho fatto le mie prime gare, e ho vinto il primo campionato italiano esordienti. Da allora i risultati arrivavano perchè ho sempre dato il massimo in quello che facevo, e ho continuato a sudare e studiare a Trentola, il Comune dove ho vissuto la mia infanzia e la prima adolescenza, per poi trasferirmi a Roma a 14 anni per continuare nel mio sviluppo nella scuola nazionale”. Anche lui, come Elio Verde, è nato ad Aversa, ma ho sempre vissuto a Trentola-Ducenta, un piccolo Comune dell’agro aversano, che ha ‘sfornato’ due gioielli del judo italiano che fanno onore a tutta la provincia di Caserta: “Nell’agro aversano non so onestamente quante persone sono andate alle Olimpiadi, ma di Trentola siamo sicuramente i primi due. Siamo molto amici, e siamo cresciuti insieme. Lo sport mi ha dato tanto, e mi ha tolto dalla strada”. Tra quattro giorni la troupe azzurra partirà per Londra, e il judoka campano salirà sul tatami il 29 luglio: “Penso che tutti gli atleti partano sullo stesso piano. Voglio vincere ogni gara, e poi vediamo cosa succede. Anche se dovrò affrontare al primo turno il più forte del mondo non mi tirerò sicuramente dietro, e per quei 5 minuti voglio dare filo da torcere ad ogni mio avversario. Mi dovranno ricordare come un duro ostacolo da superare”. Dopo le Olimpiadi il judoka, classe ‘82, non gareggierà più, ed ha già in programma un bel progetto per i ragazzi delle scuole e per coloro che, ancora giovani, possono allontanarsi dalla malavita: “Il mio obiettivo sarà quello di garantire agli studenti, in qualche ora di educazione fisica, lezioni di judo, e in particolar modo di sport. Il tutto ovviamente gratuitamente grazie al sostegno della Federazione che ha già dato il suo benestare. Penso che questa sia la strada giusta per combattere la criminalità. Quando poi anche Elio Verde appenderà il judogi al chiodo, allora penso proprio che potrebbe aiutarmi in questo ‘sogno’. Voglio anch’io togliere dalla strada i ragazzi, così come è stato fatto per me”. Dietro all’abbigliamento, e allo sguardo di ‘guerriero’ si nasconde quindi un cuore buono di un ragazzo che ha capito le difficoltà del territorio in cui è nato, e che sogna un giorno di vederlo migliorato, magari tenendo in una sua futura palestra un quadro con all’interno il sogno di ogni atleta: la medaglia d’oro dell’Olimpiade, e questa di Londra sarà la sua ultima occasione per conquistarla.