Con qualche giorno di anticipo, ma coach Pino Sacripanti era stato profeta in patria. Il timoniere della Juve, nella sua ultima conferenza dopo una partita giocata aveva avuto modo dio parlare del futuro non solo suo ma anche della franchigia di Pezza delle Noci lanciando l’appello alla società per esprimere il proprio parere, ma anche sbilanciandosi parlando di un velato ottimismo. Un ottimismo che in un certo senso è stato messo in evidenza anche nella conferenza stampa di qualche giorno dopo quella domenicale del coach della Juve da parte di Francesco Gervasio. A dire il vero il numero uno della Juve ha voluto precisare che da questo punto di vista non è mai stato ne ottimista ne pessimista, ma solo ed esclusivamente realista. Insomma un direttore d’orchestra che si fida solo di quello che sente e prova a mettere in scena l’opera migliore con i solo musicisti che si trova e senza promettere o procurarsi mezzi che non siano nelle sue corde. E realista lo è stato anche nella conferenza di giovedì pomeriggio lo stesso Gervasio, anche se tra una parola di realismo e l’altra ha dato delle indicazioni fondamentali. La prima e forse quella che potrebbe in un certo senso rassicurare l’ambiente, riguarda la progettualità. Una parola ed una richiesta che tante volte era stata posta sul tavolo dei piani alti del Palamaggiò. Futuro programmato in modo meticoloso, ma soprattutto con una base che possa permettere di andare avanti all’interno di una certa dimensione di squadra e di appartenenza al massimo campionato italiano, in attesa che poi arrivino tempi migliori. Un futuro che al momento, stando alle parole dello stesso Gervasio, è steso su due anni. Un biennio di attività che dovrebbe portare, dunque, ad un consolidamento e perché no anche ad un rafforzamento della base di cui si parlava in precedenza. Ed infatti lo scopo della conferenza stessa è stato quello di mettere in ‘piazza’ tale ide in modo tale da invogliare e di far sapere a chi di dovere, ovvero chi attività potrebbe essere inserito all’interno del novero di eventuali partner economici della Juve nei prossimi anni, che quello bianconero è un progetto serio, che ha intenzione di non fermarsi alla singola stagione, di non fermarsi al singolo risultato per poi azzerare, ma avere una continuità nel tempo che oltre ad avere dei lati positivi per chi in campo deve lavorarci dal punto di vista fisico, presenta dei lati positivi dal punto di vista delle forze economiche da spalmare nel caso si decidesse di aggiungersi alla famiglia juventina. Una famiglia che al momento ha visto solo ed esclusivamente l’ingresso in maniera ‘ufficiale’ solo ed esclusivamente di Iavazzi. Un ingresso stile De Cesare ad Avellino, ma di sicuro non della stessa portato. Un passaggio da sponsor a socio, dunque, che potrebbe essere il segnale e la strada da illuminare per convincere che il connubio che si è creato nella seconda parte di stagione scorsa, anche se solo da punto di vista di immagine, ha avuto i suoi effetti ed i suoi lati negativi. Insomma la voglia di Gervasio è stata quella di rimarcare, ancora una volta, ma senza piangersi addosso, che quella di Caserta è una porta, anzi un portone, sempre aperto a tutti e sotto tutti i punti di vista. Il presidente casertano, non ha evitato di sottolineare anche che sarebbe ben accetta l’idea di un nuovo main sponsor da sostituire a Otto io Pepsi che negli ultimi anni si sono divisi l’incombenza di essere il marchio rappresentativo principale della truppa all’ombra della Reggia. Anche in questo caso una decisione dovuta ad un maggiore introito. Avere un main sponsor che non sia un socio vorrebbe dire avere due entrate diverse, vorrebbe dire più aria pura da respirare, vorrebbe dire avere più tranquillità e serenità per il futuro prossimo della Juve. Un futuro prossimo che a questo punto potrebbe anche iniziare a prendere forma con la conferma di Sacripanti da parte di Gervasio che non ha nessuna intenzione di lasciarlo andare, ed una composizione di squadra che lo stesso Gervasio ha provato ad accennare con queste parole: «Non si arrabbierà Pino se in base alle nuove regole sceglieremo di fare una squadra a dieci con cinque straniere e cinque italiani invece che puntare su quella da cinque italiani, tre straniere e quattro comunitari». Parole inequivocabili che dimostrano come nella stanza dei bottoni al lato sportivo ci stanno già pensando anche se ‘pour parler’, ma come dice un proverbio: “l’importante è che se ne parli”.