SANTA MARIA CAPUA VETERE – Parliamoci chiaro: il Gladiator non ha mai giocato e non vorrebbe mai giocare lontano da Santa Maria Capua Vetere di sua spontanea volontà. Una frase che non si può mettere in dubbio perché chi compie sacrifici per portare avanti una società calcistica, lo fa per dare lustro alla propria città ed avere un seguito di tifosi che diminuisce per forza di cose se si gioca altrove. E’ immaginabile, quindi, che domani, nella gara casalinga al “Papa” di Cardito contro il Real Monterotondo, in un scontro diretto per la salvezza, i sostenitori saranno limitati rispetto a quanti sarebbero venuti al “Piccirillo”. Ma c’è da guardarsi anche allo specchio: già nelle ultime giornate le unità presenti allo stadio scarseggiano a causa dei risultati negativi, di una classifica deprimente e di un progetto tecnico instabile che cambia ogni anno a metà stagione. I fedelissimi sono onnipresenti, viaggiando anche in Sardegna pur di proteggere quel vessillo che fa palpitare il cuore, ma per tanti altri la distanza è un fattore che allontana: un discorso che vale soprattutto per i più giovani, che non sanno come arrivare nella cittadina dell’hinterland napoletano. Lo strappo tra il Gladiator ed i tifosi è l’argomento su cui bisogna maggiormente soffermarsi se il calcio a Santa Maria Capua Vetere intende proseguire in una categoria prestigiosa come la D.
I PRECEDENTI. Nella sua quasi centenaria storia è accaduto che gli Audaci hanno giocato in un campo diverso dal “Mario Piccirillo”. Basta andare un po’ indietro nel tempo per rimembrare le iniziali partite giocate dai neroazzurri a San Prisco nella stagione 2001-2002. Con l’arrivo del nuovo millennio, la Lega ha previsto lavori di ammodernamento degli impianti che fino ad allora erano rimasti nella veste storica. L’impianto sammaritano non era a norma e fu interessato da lavori che erano all’altezza della Serie D ma non della Serie C2. Passare in due anni dall’Eccellenza al professionismo non è cosa da poco nè per la campagna acquisti ma neanche per lo stadio. Di fatti il Piccirillo fu ammodernato per la C2 con lavori che finirono a campionato inoltrato. Nelle prime due partite contro Lodigiani ed Olbia, Romano & soci traslocarono al “Giraud” di Torre Annunziata, mentre il “Domenico Conte” di Pozzuoli fu l’impianto di casa contro il Catanzaro. Dopo allora, i neroazzurri giocarono la semifinale dei play-off di Eccellenza 2006-2007 al “Menti” di Castellammare di Stabia contro il Quarto (campo neutro previsto da regolamento), mentre nell’attualità sono due le partite lontane dall’impianto di via Martiri del Dissenso. Nella stagione 2018-2019, primo anno del connubio Aveta-De Felice, il Gladiator giocò al “Torre” di Santa Maria a Vico contro il San Giorgio ed al “Comunale” di Vitulazio contro l’Afro Napoli United: due variazioni di campo dovute all’intervento di risemina del campo.
I MOTIVI. Se c’è una differenza rispetto alle partite citate, c’è il fatto che stavolta non c’è un obbligo. In questa circostanza, il Gladiator ha deciso di giocare la sfida decisiva contro il Real Monterotondo al “Vittorio Papa” di Cardito, perché il manto erboso è in pessime condizioni. Una scelta, che ha fatto arrabbiare i tifosi (polemiche in piazza e sui social), dettata dalla voglia di giocare su un terreno di gioco che permetta ai neroazzurri di Teore Grimaldi di poter mettere in pratica il proprio gioco in maniera lineare. Il “Papa” è dotato di manto in erba sintetica ed oramai da un mese è l’impianto di allenamento, in virtù delle problematiche del terreno di gioco sammaritano. Che debba essere un’eccezione e non un’abitudine è fuori di ogni dubbio, perché il Gladiator è di Santa Maria Capua Vetere e deve giocare a Santa Maria Capua Vetere. Molti si chiedono perché si è arrivati a questo punto. La società ha commesso degli errori in fase di valutazione ed ora è chiamata a non ripetere questi sbagli nella manutenzione del terreno di gioco. E’ ovvio che ciò ha dei costi, ma l’erba naturale ha bisogno di un certo tipo di lavorazione e risparmiare oppure scegliere ditte non idonee comporta manti disconnessi ed ora, come ultima spiaggia, il trasloco in altre città.
I QUESITI. I problemi del campo aprono poi il dibattito sul famoso documento di convenzione in gestione per dieci anni del “Piccirillo” che la società non ha ancora firmato. Una convenzione tanto voluta ma al momento tutto tace. A prescindere da ogni parola, per obiettività sembra difficilmente ipotizzabile che un imprenditore spenda intorno ai 500mila euro per attrezzare un manto sintetico in un impianto pubblico, comunale, che tra dieci anni potrebbe finire in mani altrui. Però allo stesso tempo, i tifosi si chiedono perché la proprietà attuale, che ha tanto voluto la convenzione in gestione dall’Amministrazione, dallo scorso giugno tentenna e non firma? Così come tanti si chiedono perché i lavori di restyling del campo IACP sono fermi al palo da mesi (la gestione è dell’attuale proprietà)? Quesiti che fanno riflettere. Uno spiraglio potrebbe arrivare grazie alla possibilità, al momento non prevista, che il PNRR preveda fondi di finanziamento per opere di natura sportiva (oramai l’unico modo per restaurare gli impianti) oppure a nuovi bandi a cui l’Amministrazione sarà chiamata ad essere ammessa. Nel frattempo il Gladiator domani gioca a Cardito perché ritiene che lì possa dare concretezza al gioco che esprime. Vista la classifica, i tre punti sono la priorità ma, quanto prima, i neroazzurri devono tornare nella propria arena. Non esiste Gladiator senza Santa Maria Capua Vetere.