Altra puntata speciale di ‘Tutta la verità nient’altro che la verità’… non da paletto e secchiello vedendo il clima che di estivo non ha nulla. Niente polemiche, sto giro parlo solo di Richard Howell, l’ultimo tassello del mosaico bianconero. Da amante della NCAA non posso esimermi dal commentare il suo arrivo. Per carriera, numeri e statistiche varie c’è il comunicato della Juvecaserta. Per il resto cercherò di spiegarvi cosa penso del nuovo Wolfpack arrivato in Terra di Lavoro, ricordando i suoi due illustri predecessori e raccontandovi un pezzo di storia che va conosciuto. Sono le parole di Jim Valvano, il coach che portò North Carolina State sul tetto della NCAA e che ha commosso tutti gli States prima di andarsene via per sempre, sconfitto dal cancro il 28 aprile del 1993.
QUELLO CHE MI ASPETTO. Lo ricordo, l’ho visto giocatore e mi vengono in mente diverse cose sulle sue caratteristiche: va fortissimo a rimbalzo offensivo (denotando un ottimo senso della posizione), sa mettere palla a terra dalla lunetta per andare verso il ferro, non male con lo spin moove quando riceve in post basso, in difesa se la cava benone (bravo, anche in questo caso, nel prendere posizione per subire gli sfondamenti), tosto nel portare i blocchi, corre bene il campo e può andare anche a chiudere un contropiede. Insomma, un pivot da basket europeo anche per la statura e, fatti i debiti paragoni ovviamente, ricorda Kyle Hines (scovato dal buon Trinka a Veroli e bicampione d’Europa con la canotta dell’Olympiakos) anche se Howell ha 5 centimetri in più del ‘pivot bonsai’. Negli Usa, invece, per presentarlo al Draft 2013 alcuni temerari lo paragonarono a Glen ‘Big Baby’ Davis (ex Celtics, sempre nel mio cuore).
I DUE PREDECESSORI. Già due giocatori di NC State hanno vestito il bianconero e, guarda caso, sono due pivot che hanno fatto la storia. Nell’immaginario collettivo dei tifosi bianconeri, anzi, sono i migliori. Charles Shackleford distrusse ogni record di rimbalzi per il campionato italiano ed insieme al ‘professore’ Frank ed alla banda di scugnizzi, regalò lo storico tricolore del 1991. Giocatore immenso, sopraffino, capace di tutto nonostante l’altezza, polpastrelli da play, guascone del legno, capello improponibile: il ‘signore degli anelli’ resta il lungo più forte mai visto da queste parti. Joshua Powell fece breccia nel cuore dei casertani, invece, nel primo anno del ritorno tra i professionisti. Balzi felini, potenza pazzesca, corsa ed atletismo da NBA (infatti, pur da comparsa, ma c’è andato): Josh fu scelto dal ‘professore’ originale (Marcelletti) che lo prese dopo la non esaltante parentesi a Scafati. Al Palamaggiò, invece, ha conquistato tutti e, ad anni di distanza, trovatemi qualcuno che non se lo ricorda.
UN ATENEO SPECIALE. NC State ha sede a Raleigh, ha vinto due titoli NCAA (nel 1974 contro Marquette e nel 1983 contro Houston che aveva un tale Hakeem Olajuwon in una finale passata alla storia del college basket), gioca nella mitica PNC Arena ed ha una serie infinita di giocatori famosi. Diversi Wolfpack sono diventati famosi in NBA (Spudd Webb, Nate McMillan, Chucky Brown, Tom Gugliotta, David Thompson, JJ Hickson) altri hanno fatto le loro fortune in l’Italia (Thurl Bailey, Chris Corchiani, Vinny Del Negro, Rodney Monroe). Insomma, c’è da fidarsi sulla bontà del programma basket dell’ateneo.
RICORDANDO VALVANO. Ma NC State è e sarà per sempre la casa di Jimmy V, al secolo Jim Valvano, il coach della vittoria del 1983. Non solo un coach di immenso spessore ma anche una persona come poche. Grandissimo coach che è riuscito ad andare oltre il semplice gioco. Un figlio di italiani che ha colpito tutti al cuore per le parole che ha saputo usare nel momento più drammatico della sua vita. Un cancro se l’è portato via nell’aprile del 1993 ma, un mese prima, ritirando un premio all’Arthur Ashe Courage and Humanitarian Award ha regalato un discorso da brividi che ha commosso tutti. “Ci sono tre cose che dovremmo fare tutti i giorni: la prima è ridere, dovremmo ridere ogni giorno. La numero due è pensare. Dovremmo passare almeno un momento della giornata pensando. E la numero tre, dovremmo avere ogni giorno emozioni che ci spingano a piangere, per la felicità e la gioia. Pensateci, se ridiamo, pensiamo, e piangiamo, quella è una giornata piena, una gran giornata. Fatelo sette volte a settimana, e avrete qualcosa di speciale. Il cancro può portarmi via tutte le mie capacità fisiche, ma non può toccare la mia mente, il mio cuore, la mia anima. E queste sono le tre cose che ci resteranno sempre. Non mollare, non mollare mai”. Un consiglio: trovate su internet ‘Survive and Advance’, il fantastico documentario di ESPN dedicato a Valvano. Merita la pena. E come diceva sempre Jimmy V: “Dont give up, dont ever give up”. Rispetto.
LA VERITA’. Atripaldi ha cacciato quest’altro coniglio dal cilindro. Solo il parquet dirà se è stata una presa buona o sbagliata. Ad occhio dire molto bene.