Il telefono squilla, la notizia che mai avrei immaginato di ricevere. Mario Bove non c’è più. Se l’è portato via un nemico più forte di tutti. Del nuoto e della pallanuoto, di quelle discipline che erano la sua vita. Mario è sceso in vasca ed ha lottato come sempre, ma la gara era già iniziata da un pezzo. A lui sono legati i ricordi di una pallanuoto più genuina, decisamente migliore rispetto all’attuale. Lo conobbi un sabato pomeriggio dell’autunno 1995. Alla ‘Provinciale’ c’era Volturno-Carabinieri, seconda giornata del girone sud di A2 maschile. I gialloverdi erano reduci da un bel successo all’esordio contro Salerno al ‘Torrione’ (oggi Simone Vitale). Non ci fu storia. I rossoblù si imposero nettamente. Furono almeno dodici-tredici gol di scarto, non ci fu storia, ma prima di lasciare l’impianto ci fu una scena indimenticabile. Il Volturno (che era appena retrocesso dalla massima serie e avrebbe continuato a precipitare qualche mese dopo) ormai aveva mollato. Un atleta dei Carabinieri sbagliò un gol semplicissimo, forse anche io lo avrei segnato. Si alzò un signore dalla panchina urlando e maledicendo il giocatore. Sono stato almeno sei anni senza trovare una risposta. Perchè mai, con la vittoria in tasca un tecnico se la prende tanto per un errore banale? La risposta me la sono data nella primavera del 2001 quando l’Assonuoto Caserta si apprestava a vincere il campionato di serie C. Allenamenti a Corso Giannone e stesse identiche urla ascoltate sei stagioni prima. Erano quelle di Mario, quelle di un allenatore che non ammetteva errori. Un amante della pallanuoto, un perfezionista, un vincente. Tanta grinta, la voglia di curare ogni singolo dettaglio anche quando mancava ormai un secondo alla conclusione. Mario Bove l’ho ammirato, l’ho seguito quando si è trasferito nei diversi club di Terra di Lavoro. L’ho stimato come uomo innanzitutto e l’ho quasi venerato perchè ogni anno riusciva a centrare gli obiettivi. Che fosse nuoto o pallanuoto gli atleti di Mario crescevano, andavano avanti perchè lui li guidava, lui era il maestro capace di insegnare trucchi e segreti. E’ stato lui che ha ‘contagiato’ i figli. Domenico (io l’ho sempre chiamato Mimmo) che in quel 2001 segnava con Roberto Marcello gol a grappoli. E Luigi (per me Gigi) appena tredicenne e già vincitore. Gli ha trasmesso innanzitutto i valori, il rispetto per gli avversari, l’importanza per lo sport e l’amore per la pallanuoto. Probabilmente Gigi potrà seguire le sue orme, ma (non me ne volere amico mio) non potrà raggiungere il grande Mario, lui è inarrivabile. Un professionista di uno sport dilettantistico, da lui c’era solo da imparare. Ci siamo sentiti meno di un mese fa per complimentarmi con Gigi della promozione in serie C ottenuta con il Circolo Villani. Mario stava già lottando, però l’ho sentito fiducioso, affatto spaventato. Quella telefonata mi ha gelato il sangue e per una frazione di secondo fermato il cuore. Mario Bove mi ha fatto crescere anche professionalmente. A lui realizzai la mia prima intervista televisiva. Massima serenità, un sorriso e due semplici parole: “Quando vuoi sono pronto”. Bastarono per farmi rompere il ghiaccio e vincere l’emozione. Giovedì mattina l’ultimo saluto di un viaggio che non finisce e non finirà. Mario resterà con la dolce moglie Maria, con Mimmo e Gigi, con tutti quelli che gli hanno voluto bene e lo hanno apprezzato. Mario resterà con me e dentro di me. Ho trovato la forza per scrivere queste parole tra ricordi e lacrime che non cancelleranno quello che ha fatto e che mi ha permesso di fare. Grazie mister, buon viaggio.