Quella di Ronald Moore è stata una partita dalle due facce. Una guardinga, in cui provava più a tenere d’occhio gli avversari e a far entrare in partita i compagni, ed un’altra in cui ha deciso che era arrivato anche il suo momento di dare una mano concreta in termini di offensivi, in modo tale da dare la scossa giusta ad una squadra che stava arrancando un po’, ma non certamente affondando. Ed allora è arrivata la raffica nel secondo tempo, è arrivata la parte in cui i vari Haynes e Green, hanno dovuto fare i conti non solo con un folletto che correva su tutti i blocchi o dalla rimessa a fondo campo per evitare di rendere la partita degli esteri toscani una sorta di passeggiata alla Reggia vanvitelliana, ma anche di un giocatore che dall’altra parte ha dato pericolosità dal pick and roll smuovendo spesso e volentieri il lungo dall’area creando spazio e del quale ne ha approfittato direttamente con penetrazioni o allargando il tutto per i compagni di squadra. Insomma quello di cui aveva bisogno coach Molin in quel determinato momento, quello di cui il timoniere casertano aveva bisogno da parte dei suoi esterni e che è riuscito a trovare anche nelle mani e nelle azioni di Chris Roberts che nella seconda parte di gara è sembrato essere molto più simile a quello che aveva impressionato su ambo i lati del campo nelle prime uscite stagionali, che a quello delle ultime partite.
Una partita difficile, un avversario ostico eppure ancora una volta la Juve è riuscita nell’impresa di mettere ko, in casa, una squadra che sulla carta era superiore…
«Cosi come era successo in passato contro le altre squadre – ha esordito un sorridente e soddisfatto Moore nella sala stampa del Palamaggiò immediatamente dopo il successo con i toscani che continua ad alimentare le speranze bianconeri di partecipare ai playoff – come per esempio Cantù, Reggio o Avellino, sapevamo che quella contro Siena sarebbe stata una partita particolare e difficile allo stesso tempo. La Montepaschi è una grande squadra, difficile da affrontare, dura e che gioca un buon basket. Ne eravamo consapevoli e lo dimostravano anche i numeri che avevano messo assieme in questo periodo con una lunga serie di successi. Sono un roster di primo livello e questo rende il nostro successo ancora più importante di quanto non lo fosse già per la questione della conquista dei playoff».
Due tempi per due facce della stessa partita. Cosa è successo?
«Siamo tornati negli spogliatoi consapevoli di poter fare qualcosa e cambiare l’inerzia di una partita che fino a quel momento ci aveva visti principalmente rincorrere i nostri avversari. Quello che è cambiato è stato ovviamente il nostro atteggiamento in campo. Siamo usciti dagli spogliatoi in maniera molto più aggressiva rispetto a quanto avessimo fatto in precedenza, specialmente nella nostra di metà campo. Abbiamo tutti fatto un passo in avanti dal punto di vista della difesa, ma la cosa importante è che non l’abbiamo fatto a livello individuale, ma di gruppo. Quello che ci ha permesso di svoltare e chiudere le alternative offensive di Siena, è stata una difesa di squadra. Tutti sapevano ed hanno fatto quello che dovevano e quello che negli spogliatoi coach Molin ci aveva indicato di fare, soprattutto nel farci notare e sottolineando come nel primo tempo avessimo preso troppi canestri facili proprio perché non eravamo abbastanza uniti nella difesa di squadra».
Dal punto di vista personale, hai ingaggiato un bel duello con Erick Green e poi hai dato il tuo contributo alla vittoria…
«Il coach mi aveva chiesto di essere molto più aggressivo nel secondo tempo. Sono sceso in campo, quindi, con il desiderio di essere più presente e prendermi le mie responsabilità. Per quanto riguarda la difesa, sapevo che Green non era un giocatore facile da marcare perché si muove sempre a tutto campo e quindi ho fatto del mio meglio per prendergli le misure».