CASERTA – Clamorose rivelazioni da parte di Ermanno Fumagalli alla Gazzetta dello Sport sul caso Seregno. L’ex portiere della Casertana svela i metodi per nulla ortodossi dell’ex dg Ninni Corda, coadiuvato da due fedelissimi come Christian Anelli e Federico Gentile, nel club neopromosso in Serie C. Tutti e tre sono stati cacciati dal presidente Erba, ma sul caso, fatto di violenze e minacce, sta indagando la Procura di Monza. Gentile torna nuovamente alle cronache dopo l’incendio della porta di casa subito quando giocava a Foggia.
“Era Gomorra”. Esordisce così l’estremo difensore, vicecapitano del club di Davide Erba: “Che clima c’era fino a un mese fa? Troppo pesante, non era calcio. A partire dagli allenamenti. Ci si allenava giocando a pallamano, una specie di calcio fiorentino dove valeva tutto, per vincere. E quando dico tutto, dico: tutto”. Poi le sconfitte: “Una volta siamo stati convocati alle 6 del mattino e abbiamo corso per un’ora. Dopo la sconfitta contro la Juventus U23 siamo arrivati alle 7 e abbiamo dovuto rivedere la gara del giorno prima. Non era una squadra, era una caserma. Sempre in trincea. Quando mi hanno minacciato ho capito che non potevo più accettare tutto questo”.
COSA E’ SUCCESSO – “Stava per incominciare l’allenamento e mi si sono avvicinate alcune persone che conoscevo perché bazzicavano attorno alla squadra. “Ti veniamo a prendere a casa, forse non hai capito”. “Non rivedrai più la tua famiglia, stasera saluta Jacopo”. Quando hanno fatto il nome di mio figlio, non ho più capito niente. Se ho avuto paura? Non soltanto io. Mia moglie, con due figli in casa, non era più serena. Non era calcio, era Gomorra. E’ stato devastante. Mai vissute cose così. Mai, in vent’anni che faccio questo lavoro. Anzi, questo sport, perché il calcio per me non è mai stato un lavoro. Ho giocato in piazze caldissime, ma mai e poi mai ho visto queste cose”.
COMPAGNI PICCHIATI? – “Sì, tra il primo e il secondo tempo di una partita una persona, di cui non faccio il nome, ha messo le mani addosso a due ragazzi. Non so perché l’ha fatto”.
IL CLIMA – “Prima, anche a livello di testa, non c’eravamo. E se non ci sei fai entratacce, rispondi male all’arbitro, che poi ti punisce… Non potevamo neppure salutare gli avversari prima delle partite. Se lo facevi eri visto male, non eri considerato pronto alla guerra. La guerra: ma che roba è? Una cosa è la cattiveria agonistica, un’altra la violenza”.
LASCIARE IL SEREGNO? – “Ci ho pensato, ma per fortuna il presidente ci ha liberato da questo incubo. La sera tornavo a casa e stavo male. Per me il calcio è passione, divertimento, amore. La fiammella si stava spegnendo, adesso è stata riaccesa. Ci sono più serenità, più armonia, più compattezza. Se vogliamo possiamo anche fare la battuta, nello spogliatoio, si può ridere. Ho riconquistato il mio calcio. Prima c’era Gomorra”.