CASERTA – Da solo. Una settimana fa Diego Armando Maradona ha lasciato la vita terrena, nella sua solitudine. Intorno alle 15.30 (ora italiana) di mercoledì 25 novembre 2020, l’ex Pibe de Oro se n’è andato ed ora tanto si sta discutendo sugli ultimi attimi della sua esistenza, vissuta sempre a cento all’ora. Lasciando ad altri le polemiche, a restare in eterno è la figura di un campione vero, un genio con la palla tra i piedi ed un uomo con tutti i suoi difetti fuori dal terreno di gioco. Errori ne ha commessi tanti, e chissà cosa sarebbe potuto essere senza la dipendenza da cocaina ed alcol in abbondanza, per quel Diego che non riusciva a reggere la sovraesposizione del ‘Maradona’. Troppa pressione per un uomo, perché di quello pur sempre si tratta, mentre, rileggendo la sua storia, sembra che abbia vissuto più vite insieme. Invece no, era sempre e solo lui. Solo è fuggito via da Napoli dopo la scoperta delle tracce di cocaina nell’urina nel 1991, solo se n’è andato nel letto della casa di Tigre.
PASCULLI. La sua leggenda vive nelle parole dei tanti che lo hanno conosciuto, che hanno apprezzato la sua bontà fuori dai riflettori e che hanno condiviso lo spogliatoio. Tra questi Pedro Pablo Pasculli, suo coetaneo (nati nel 1960) ed amico con cui ha condiviso la camera durante i Mondiali del 1986: entrambi avevano già giocato insieme nell’Argentinos Juniors nel 1980-1981. Con l’Albiceleste l’attaccante di Santa Fe è stato compagno di reparto per venti partite di Diego Armando Maradona ed ha realizzato 5 goal, di cui uno pesantissimo, il decisivo 1-0 dell’Argentina sugli “odiati” cugini dell’Uruguay negli ottavi di finale del Mondiale 1986. Fu la rete che poi consegnò la qualificazione alla gara dei quarti contro l’Inghilterra del 22 giugno, resa celebre dal “goal del secolo” e dalla “Mano de Dios”: nella stessa partita la rete ed il furto più famosi di sempre. Insieme a Diego, per Pasculli fu una goduria, divenne un eroe nazionale, un monumento accanto agli altri invincibili che hanno alzato la Coppa del Mondo al cielo di Città del Messico, davanti ad “appena” 115mila spettatori, 80mila arrivati dall’Argentina.
ALLA CASERTANA. Quasi una decina d’anni dopo, Pedro Pablo Pasculli è arrivato alla Casertana durante la presidenza di Salvatore Tufano. Nel 1995-1996 l’attaccante contribuì alla promozione in Serie C dei falchetti di Claudio Tobia, collezionando 17 presenze e 4 reti: all’ombra della Reggia appese gli scarpin al chiodo a trentasei anni prima dell’inizio dell’esperienza da allenatore. L’ex rossoblu in queste ore ha ricordato Maradona, parlando della chat Whatsapp in cui era presente Diego: “Con i compagni della Nazionale del 1986 abbiamo questo gruppo. C’eravamo tutti, io, Valdano, Ruggeri ed ovviamente anche Diego. ci sentiamo e ci raccontiamo le cose, mandiamo foto… Diego un tempo c’era ed aveva piacere a scherzare e ricordare gli aneddoti del Mondiale, del ritiro, a dirci le cose che rimanevano tra noi. Era anzi fra i più attivi, scriveva di continuo, scherzi, battute. Poi, un bel giorno, si è tolto. O, meglio, lo ha tolto chi gli stava vicino: era prigioniero. Con noi era felice, io lo ricordo sempre col sorriso sulle labbra, anche quando eravamo tutti e due giovanissimo all’Argentinos Juniors… La genialità che aveva, anche in allenamento: gli bastava un pallone tra i piedi, era il suo divertimento. Gli ho voluto bene come un amico e glielo vorrò sempre”.
L’AMICO DIEGO. Nel match tra Argentina ed Inghilterra Pasculli rimase in panchina per tutti i novanta miniti, nonostante il sigillo decisivo nel turno precedente contro l’Uruguay. Al suo posto venne scelto Enrique e lo stesso Pedro s’arrabbiò con il ct Bilardo per la scelta, ma fu proprio Diego a consolarlo: “È venuto a mancare il numero uno, un amico, una persona che stimavo, un leader, un compagno. Non ci sono parole per descrivere quello che sto provando in questo momento. Tutto ciò che ho vissuto con lui è stato fantastico, è stato il simbolo del riscatto di un popolo per quell’era. Io ho giocato con lui con la maglia dell’Argentinos Juniors e già si vedeva tutto il suo grande potenziale. Nel mondiale messicano era il mio compagno di stanza e fu lui a consolarmi, dopo che avevo segnato il gol vittoria nell’ottavo di finale contro l’Uruguay, mi aspettavo di giocare contro l’Inghilterra, ma il c.t. Bilardo decise di schierare Enrique al mio posto. Fu Diego a consolarmi e a spingermi a continuare a lottare per trovare il mio spazio in quel mondiale in cui lui è stato l’autentico trascinatore della squadra verso la vittoria del titolo”.
IL GOAL DEL SECOLO. Infine l’attaccante, autore di 170 goal in carriera, ricorda il goal del secolo. Un goal che solo Diego Armando Maradona poteva segnare: “Ero in panchina. Palla al piede per settanta metri, e quando l’abbiamo visto partire, conoscendolo, sapevamo che non l’avrebbe passata e che avrebbe provato ad arrivare in porta. Con la sua forza fisica ha scartato inglesi come birilli, già correre 20-30 metri con la palla al piede è difficoltoso. Non aveva la palla incollata al piede, la teneva più avanti per schivare i calci degli inglesi, poi quando ha dribblato il portiere e ha messo dentro siamo scattati in campo e l’Azteca è venuto giù. Una cosa stupenda”.