“Sognavo di fare il calciatore, mia mamma me ne ha comprati di palloni, ci dormivo anche con il pallone. Per ora però continuo a giocare, la voglia matta di calciare quel pallone è forse ancora più forte del primo giorno”. Era il 16 marzo di due anni fa, era il nostro #Favaday in quella giornata Dino Fava Passaro celebrava i suoi primi quarantanni, tanti di questi legati al mondo del calcio e forse queste due piccole frasi sono il semplice riassunto del calciatore che ama il gioco del calcio. Quest’oggi Dino Fava Passaro compie 42 anni e l’attaccante aurunco ha ancora una gran voglia di mettere il proprio nome alla voce marcatori di ogni tabellino.
Il presente. Il presente per Fava si chiama Giugliano, nel girone A d’Eccellenza Campana, ed un secondo posto a meno quattro dalla Frattese a quattro giornate dalla fine del campionato. Quest’anno, stranamente, non è riuscito a vincere la Coppa Italia Dilettanti Campania perdendo ai rigori contro l’Audax Cervinara allo stadio “Pinto” di Caserta, una maledizione dal dischetto visto che i tigrotti non hanno praticamente segnato dagli undici metri. Lo “stranamente” ci sta tutto visto che negli ultimi due anni era riuscito ad alzare il trofeo con le maglie di Portici e Savoia, perdendo nella fase nazionale. Ma il presente sta regalando a Dino Fava una stagione personale da sogno, diciannove reti in campionato e titolo “virtuale” di capocannoniere del girone, ad un solo goal dalla quota venti e l’ennesima dimostrazione che “il vino più è vecchio e più è buono”.
Il nobile passato. Alcune volte è facile perdersi nei discorsi calcistici e nella lunga storia calcistica di Dino Fava Passaro, dalle giovanili della sua Sessana all’esperienza siciliana con l’Acireale della fine degli anni ’90 passando per il trasferimento al nord per vestire prima le maglie della Pro Patria e poi del Varese. E l’approdo in Serie B, dove è partito il grande salto con quell’anno magico della Triestina che per soli tre punti sfiorò la promozione in massima serie e il titolo di vice-capocannoniere del campionato dietro Protti. L’approdo all’Udinese nella stagione 2003/2004 e quel profumo della Serie A, del grande calcio, delle imprese calcistiche come quella del 21 dicembre 2003 quando dal limite dell’area portò l’Udinese in vantaggio a San Siro in quella vittoria per 2-1. Dodici reti stagionali nella prima stagione e qualificazione in Coppa Uefa, la stagione successiva due soli reti con l’emergente Iaquinta al suo posto. A fine anno il trasferimento a Treviso con la retrocessione con i veneti prima dell’approdo a Bologna dove con due reti di un peso specifico notevole riuscì a riportare nella massima serie i felsinei.
Il ritorno in Campania. Dopo le varie esperienze in giro per l’Italia, il bomber classe ’77 ritorna in Campania e veste la maglia della Salernitana deliziando il pubblico dell’ “Arechi” con le sue giocate e goal di pregevole fattura come la rete di tacco al Modena, stile Zlatan Ibrahimovic. Dopo le tre stagioni con i granata, Dino Fava decide di accettare la proposta della Paganese in quella che era la Seconda Divisione per ben due anni prima del trasferimento a Terracina, in D nell’ultima parentesi fuori-regione della sua carriera. In una calda estate del 2014 Dino Fava Passaro torna finalmente a casa, torna a vestire la maglia gialloblù della Sessana in Eccellenza e sfiora l’accesso in Serie D perdendo i play-off nazionali contro la Vibonese, una stagione e mezza a Sessa Aurunca che fa, ancora una volta, innamorare il pubblico della sua città erigendosi a simbolo di una nuova realtà calcistica. Si trasferisce nella calda città di Portici e nella prima stagione arriva ai play-off, nella seconda domina con la sua squadra vincendo prima la Coppa e poi il Campionato, un double riuscito anche la scorsa stagione con la nobile maglia del Savoia, sempre con la fascia da capitano, sempre con quella numero nove sulle spalle. Ed è proprio semplicemente così, in questo calcio globale composto da una numerazione impazzita che troviamo Dino Fava Passaro: uomo d’altri tempi, un uomo ed un calciatore pieno di sani valori, un numero nove, un capitano che a 42 anni vuole ancora divertirsi semplicemente giocando a calcio, come un bambino, solamente un po’ più cresciuto.