VITULAZIO – Come puoi fare a dimenticare venticinque anni di onorata carriera? Non ci sono dubbi. E’ impossibile buttare nel dimenticatoio gioie e dolori, vittorie e sconfitte di un quarto di secolo vissute a rincorrere quel pallone a quadratini bianconeri. Esperienze che solo chi è amante di questo sport può capire e si porterà appresso per tutto il resto della vita. Un bagaglio di conoscenze tecnico-tattiche e di emozioni indefinite che Giuseppe Rosi ha intenzione di trasmettere ai suoi calciatori, ora che è iniziata la sua nuova avventura da allenatore.
IL PROGETTO. In pochi mesi il rinomato fantasista ha dapprima preso la sofferta idea di appendere le scarpette al chiodo e poi, neanche il tempo di rilassarsi che gli è giunta sul tavolo la proposta del club con cui ha legato in maniera viscerale negli ultimi anni della sua strepitosa carriera. La corte del Vitulazio è stata elegante ed ha dato modo a Peppe (così come viene chiamato affettuosamente da tutti) di metabolizzare il passaggio da una parte all’altra della barricata: “Quando mi è arrivata la proposta, sono stato preso alla sprovvista da un club, qual è il Vitulazio, che è pieno di persone fantastiche, il dottor Achille Cuccari in primis, che mi ha visto terminare da calciatore e che mi ha dato la possibilità di iniziare da allenatore. Al momento della chiamata, ho chiesto di conoscere il progetto, le condizioni e quant’altro. Mi sono subito accorto che il progetto è serio e si poteva lavorare. Ci siamo messi a tavolino ed abbiamo costruito una bella squadretta”.
L’ADDIO AL CALCIO. Ma non è stato semplice affatto. Da un momento all’altro l’ex attaccante di Casertana, Marcianise ed Aversa Normanna si è visto cambiare la vita. Un discorso è vivere lo spogliatoio da calciatore, un altro discorso è condurlo da allenatore. Pensieri che sono girovagati nella testa del neo allenatore, fondatore della scuola calcio Rosi Academy, ogniqualvolta in estate se n’è presentata l’occasione. Ma, alla veneranda età di quarantuno anni, per Peppe la decisione di trasformarsi in un allenatore è decisamente quella giusta: “La scelta di cimentarsi da allenatore è stata voluta. E’ un’esperienza nuova che mi inorgoglisce, spero di fare la stessa carriera che ho avuto da calciatore. E’ stata durissima appendere le scarpette al chiodo, infatti non nascondo che ogni volta vorrei spogliarmi e giocare, come durante qualche partitina quando mi sono messo gli scarpini ed ho giocato. Ma come si dice a Napoli “ogni scarpa diventa scarpone”, quindi è giusto che sia così”.
LA ROSA. La composizione della rosa, insieme allo staff dirigenziale vitulatino, e l’organizzazione della preparazione sono stati i primi compiti da assolvere. Ed ora, ad una ventina di giorni dall’inizio, sembra che l’esame sia stato superato a pieni voti: “Ad oggi manca qualcosa lì davanti, ritengo che la squadra sia abbastanza completa, sia tra gli over che tra gli under. L’organico è cambiato di otto, nove undicesimi perché nulla contro l’anno scorso ma bisognava dare una svolta. Il mese d’agosto è stato utile per mettere benzina nelle gambe, in attesa del primo match ufficiale di domani contro il Mondragone. Gheremedin è stato uno degli ultimi acquisti e farà parte del Vitulazio, ci manca qualcos’altro là davanti. Obiettivo? Io inizio adesso a fare l’allenatore ed anche da calciatore ero uno a cui piace parlare poco. Gli obiettivi li possiamo dare a voce, alla fine è il campo che parla. Il nostro intento è di allenarsi bene, fare un bel campionato, senza soffrire per le zone basse della classifica”.
L’IDOLO TOTTI. Giuseppe Rosi ha detto addio al calcio nella stessa estate in cui la bandiera della Roma Francesco Totti ha posto fine ad una carriera piena di successi. Idolo incontrastato dell’atleta aversano, il campione romanista condivide con Rosi vari particolari, che lo stesso Peppe ci racconta con fierezza, anch’egli dotato di tecnica sopraffina e sceso sempre in campo sulla trequarti, col numero 10 stampato sulle spalle: “Ho la stessa età e da calciatore giocavo nello stesso ruolo. Partiamo dal presupposto che sono paragoni imparagonabili, impossibile avvicinarmi ad un campione come lui. Ma come Francesco ora veste in giacca e cravatta per gli impegni istituzionali del brand Roma guardando con nostalgia al suo passato, in me c’è un mix d’emozione e tristezza nell’iniziare non con gli scarpini, bensì con le scarpe ginniche. Per me che non sono mai stato fermo e che ho vissuto la mia professione sempre sul pezzo, lasciare il campo da gioco è stato un po’ triste. Carriera definitivamente conclusa? Mai dire mai, mai dire mai”.