Di solito non è corretto parlare dei singoli in uno sport di squadra, soprattutto quando si tratta di una squadra di giovanissime in fase di crescita. Il lavoro di gruppo e la crescita dei singoli è l’obiettivo principale che qualsiasi società sportiva deve imporsi nel proprio operato. In un’era in cui risulta sempre più difficile far “appassionare” le nuove generazioni, incontriamo una rappresentante di loro che rappresenta un’eccezione. Un’eccezione per la forza, la tenacia, per l’incredibile capacità di reazione che dimostra. Per quanto in ogni allenamento, partita che sia, lei mette in campo e dimostra alle compagne. Sabrina è una giocatrice di pallacanestro del Family Basket Caserta, ma di quelle vere e speciali. La pallacanestro è uno degli sport di maggior sacrificio ed impegno, e lei ce lo mette tutto. Nonostante la “guerra” che lei combatte quotidianamente. Sì perché Sabrina, affetta da fibrosi cistica, non smette mai di combattere, dentro e fuori dal campo. In campo una guida per le sue compagne di squadra in quanto a grinta e determinazione, fuori per tanti che ogni giorno combattono le rispettive “guerre”. Di seguito una lettera scritta dalla ragazza che sta spopolando sui social network per far conoscere la sua personale, e non solo, battaglia quotidiana.
“Ciao, volevo scriverti e farti conoscere la mia storia. La storia di una ragazza con la fibrosi cistica. Sai cos’è? Beh non credo, di solito la gente non la conosce, a volte la ignora. É una malattia genetica rara, ereditaria, cronica, evolutiva causata da un difetto di una proteina detta CFTR, non ci funziona come dovrebbe, il nostro muco diventa denso, un parco giochi per i germi, questi ristagnano e ci portano continue infezioni polmonari e non solo. Anche l’apparato digerente risente di questo muco viscido. Quindi gli organi coinvolti sono i polmoni, il pancreas e il fegato. Ogni giorno devo lottare contro questi organi che non vogliono funzionare come dovrebbero, ogni giorno sono obbligata a fare tre fisioterapie respiratorie per aiutare la rimozione di queste secrezioni dai polmoni, devo assumere degli enzimi pancreatici sotto forma di pillole poi ci sono gli aerosol e le vitamine, ci sono le iniezioni di insulina da fare al mattino, perché questa malattia porta anche una lieve forma di diabete e tante altre medicine. Però la cosa spaventosamente bella è che in un certo senso sono fortunata, posso praticare lo sport che amo, quello sport che per me è “poesia in movimento, veloce e possente, ma percettibile da tutti gli animi, quello sport che è praticamente divertimento puro ma spossante e devastante che t’obbliga a lottare bruciandoti dentro”…un po’ come la mia patologia.
Sembra strano, buttare tutta una vita appresso a un pallone quando ci sono sempre mille cose a cui pensare… eppure è così. La pallacanestro é la mia terapia, chi gioca o chi ha giocato può comprendermi, la pallacanestro é na’ droga. Sì, ma una bella droga, una droga anomala, non nociva, che silenziosamente ti accompagna e ti rimane fedele per tutta la vita. Ma la cosa spettacolare di questo gioco è che noi, noi giocatori alcune partite non le giochiamo per vincerle, le giochiamo perché non possiamo farne a meno. Perché è la nostra natura. Perché vogliamo dimostrare qualcosa a noi stessi.
Perché vogliamo far capire al mondo che non abbiamo paura, e mai ne avremo. Perché non possiamo accettare la sconfitta senza lottare fino allo stremo delle nostre forze. Perché siamo campioni e anche se il resto del mondo non la pensa così, lo siamo dentro. E l’onore di un campione non è vincere, è combattere con l’anima, a qualsiasi prezzo. Qualunque sia il sacrificio richiesto. O forse perché, dentro di noi, non siamo in grado di rinunciare alla speranza, anche quando sembra non essercene più. Perché noi siamo guerrieri, altrimenti non ameremmo questo sport“.