In merito al comunicato dei tifosi del Gladiator pubblicato questa mattina (clicca qui per leggerlo) in cui veniva accusato l’avvocato Umberto Di Tella di aver pagato per far giocare il figlio, riceviamo e pubblichiamo una smentita dallo stesso che fa luce sulla vicenda. “Le accuse mosse nei miei confronti sono del tutto inventate e sarò costretto a tutelarmi secondo la legge. E’ stato infangato il nome della mia famiglia per una cosa che non mi sognerei mai di fare. Chi mi conosce è sa della mia passione per il calcio essendo stato dirigente dell’Equipe Campania per tanti anni. Seguo questo sport da sempre e credo in determinati valori. Mio figlio Nicola, con trascorsi nella Rappresentativa Campania, Atletico Nola e Giugliano, su invito di Massimo Savoia fu tesserato in estate. Poi a novembre, dopo un diverbio con Carannante decise di andare via. L’allora direttore sportivo fece di tutto per non farlo partire e a dicembre firmò un nuovo contratto. Riceveva continue rassicurazioni dallo stesso Carannante e dalla dirigenza neroazzurra circa il suo esordio che poi non è mai avvenuto. A marzo Carannante, diventato poi allenatore, decise di non convocarlo non per le sue doti tecniche, ma per colpa mia poiché non ero ben visto dall’ambiente. Essendo un uomo di calcio non condividevo il loro modo di fare e allora decisero di metterlo ai margini della rosa. Nicola non ha giocato neppure un secondo quest’anno e io avrei pagato per farlo giocare? Se fosse stato vero avrebbe almeno fatto l’esordio, invece quanto riportato in quel comunicato stampa è frutto di invenzioni che come ribadito saranno perseguibili a norma di legge”.