Due partite vinte su cinque giocate, sesto posto al Fiba CentroAmericas ma la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza umana, tecnica e formativa di prima qualità. E’ tornato a casa il coach casertano Antonio d’Albero che, insieme all’ex Pantere Simone Edwards, ha diretto la nazionale jamaicana in questa intrigante avventura a Monterrey (Messico). Chiuso al terzo posto il girone iniziale e dopo aver sconfitto la Costarica nella semifinale di consolazione, Jamaica ha ceduto alle padrone di casa nella finale per il quinto posto. Una partita molto dura visto che le caraibiche, già con qualche defezione di troppo, perdevano due atlete già nel primo quarto. Il resto l’ha fatto la durezza delle messicane sospinte da tutto il Nuevo Leon Gym di Monterrey: al suono della sirena il tabellone stampava un 63-49 per le azteche. Ora, però, è tempo di bilanci per d’Albero: “Ci sarebbe bastato vincere la prima partita contro le Isole Vergini per finire tra le prime quattro della competizione – commenta subito l’allenatore di Terra di Lavoro -. Alla fine siamo riusciti a sconfiggere solo El Salvador e Costa Rica; c’è tanto rammarico perché tra le prime quattro sono arrivate Repubblica Dominicana ed Isole Vergini che avevamo già sconfitto prima di partire per il Messico”.
Per onor di cronaca la classifica finale del torneo Centroamericano recita Cuba, Puerto Rico, Repubblica Domincana, Isole Vergini, Messico, Jamaica, El Salvador, Costa Rica.
Come giudichi il percoRso della nazionale jamaicana?
“E’ stata veramente un’ottima esperienza per la nazionale: oggettivamente siamo arrivati un pòscarichi dopo aver dato tutto nel torneo caraibico dove la Jamaica ha conquistato l’oro battendo, guarda caso, le Isole Vergini in finale. Rispetto alle altre nazionali, noi abbiamo sofferto il fatto che abbiamo svolto una preparazione breve. Le nostre avversarie avevano il vantaggio di aver potuto lavorare insieme già diverse volt durante l’anno mentre la Jamaica ha solo tre settimane di tempo per poter creare un gruppo prima di queste manifestazioni. Il fatto è che solo tre giocatrici disputano il campionato locale mentre le altre sono sparpagliate in giro tra Europa e Stati Uniti. Per mettere insieme un gruppo così sconosciuto c’è bisogno di tempo, tre settimane sono veramente poche. Le ragazze, però, hanno sempre dato il massimo come tutta l’organizzazione che mi ha accolto in queste settimane di lavoro con loro”.
Tu, invece, cosa porti a casa dopo questa avventura?
“E’ stata veramente un’esperienza straordinaria – conferma coach d’Albero senza giri di parole -. Mi sono trovato ancora una volta ad allenare un gruppo totalmente diverso rispetto alle mie passate esperienze in giro per il mondo. La permanenza in Jamaica resta qualcosa d’indescrivibile; solo stando in questa nazione ho capito, veramente, cosa rappresenti aver indosso questa canotta. Vivere con questa popolazione, in un clima surreale, mi ha permesso di avvertire un senso di grande responsabilità. Tutti mi hanno accolto con gentilezza e rispetto, è un popolo generoso che mi ha sicuramente lasciato tanto e che voglio pubblicamente ringraziare”.