Quello che contava erano i due punti, potrebbe essere il liet motive ed il titolo di una sfida come quella che è andata in scena nel pomeriggio di domenica a Pezza delle Noci. Due punti per rispondere alle vittorie sofferte di Roma e quella quasi dilagante a tratti di Pistoia. Due punti per mandare un messaggio non solo all’intero movimento, ma anche a quelle che sono ormai le dirette avversarie per quella post season che domenica dopo domenica continua ad essere sempre più vicina. Ma soprattutto due punti che rende a conti fatti gli ultimi quaranta minuti come quelli più importanti della Juve per la conquista della posta in palio. ‘Face to face’, faccia a faccia, una di fronte all’altra, infatti, ci saranno tra sette giorni le formazioni che nelle ultime settimane hanno lottato con le unghie e con i denti per non perdere quel treno che dal suono della sirena della prossima partita spedirà direttamente una delle due verso l’eldorado di un obiettivo che nessuna delle due pensava, forse, di poter raggiungere non fosse altro che sia dal lato bianconero, che da quello toscano la salvezza tranquilla, evitare quelle zone calde se non caldissime delle ultime due posizioni della classifica, era ciò che era stato scritto all’ultima pagina della regular season come messaggio motivazionale per tutti gli addetti ai lavori. Gli stessi addetti che in corso d’opera hanno dovuto modificare appunto quell’ultima pagina, cancellando la precedente scritta e sostituirla con quella che generalmente viene racchiusa e sintetizzata con le due lettere ‘P’ ed ‘O’. Ed allora proprio per il valore, proprio per il peso della prossima partita – che tra le altre cose riprenderà un problema che solo nella trasferta isolana di Sassari è stata messa da parte e cioè le vittorie in trasferta – coach Lele Molin farà vedere, rivedere ed ancora vedere fino alla nausea ai suoi ragazzi quanto è accaduto contro la Vanoli in un pomeriggio che ha rischiato più e più volte di essere amaro se non amarissimo. Il primo dato che il timoniere mestrino di sicuro sottolineerà con diverse penne colorate è la difesa. Questa volta non quella di squadra, non in termini di energia nel senso stretto del termine, ma da quello individuale. E’ stato questo tipo di particolare a rendere la difesa di squadra meno efficace di quanto, invece, è sempre stata in casa oppure ha dimostrato di poter essere in quel di Sassari tenendo proprio negli uno contro uno lontani dalla palla giocatori come i cugini Diener o Marques Green. Insomma quella presenza e fisicità sugli esterni che è mancata del tutto contro una squadra che solo sugli esterni ha dimostrato di poter essere pericolosa e sui quali ha costruito tutta o quasi la sua salvezza. Ad approfittarne è stato il quasi ‘casertana’ Jerrius Jackson che forse spinto dalla provenienza della moglie casertana, ha voluto lanciare un messaggio anche criptato a chi segue il basket a Terra di Lavoro. Definire la sua partita come una spina nel fianco di tutto il backcourt bianconero è un vero proprio eufemismo, se non di più. Molin ci ha provato con Roberts volendo rispondere alla fisicità e alla dinamicità di Jackson con quella del texano. Pista abbandonata poco dopo i tre falli e questione passata nelle mani di Mordente. Il capitano della Juve, però, non è mai riuscito a tenere l’americano da passaporto italiano dal palleggio e dalle sue scorribande fino al ferro sono arrivate la gran parte dei punti di Cremona. La quasi chiave di volta della serata, però, coach Molin la trova con Vitali, l’unico a contestare Jackson e allo stesso tempo punirlo dalla distanza dall’altra parte. Insomma la Juve ci ha messo del suo per complicarsi la vita anche quando la forbice sembrava essersi allargata nel finale, lasciando invece rientrare e farsi superare da una Cremona mai doma. Nel momento del bisogno, però, è arrivata l’unica nota lieta della serata: difesa mastodontica, pressione sulla palla, gioco di Cremona che non è mai arrivato dove voleva e come aveva fatto fino a quel momento e scheletro della seconda sconfitta contro la Vanoli con un obiettivo volatilizzato cosi come accadde all’andata con le Final Eight, messo a dormire nell’armadio.