E’ passata una settimana ma Cristoforo Correale ancora non si capacita del motivo per cui è stato cacciato dal San Marco Trotti in un periodo, quello di marzo, in cui il mercato è ampiamente chiuso e non hai la minima possibilità di trasferirti presso un’altra squadra. Insieme ad altri quattro atleti, Giuseppe Gelotto, Fortunato Spilabotte, Carlo De Micco e Ciro Reppucci, il difensore campano si è trovato da un momento all’altro senza lavoro, dovendo aspettare la prossima stagione per accordarsi con altre società. Un grosso guaio per un ragazzo di ventisette anni che vive di calcio. Ancora scosso da questa epurazione improvvisa, legata alla mancata qualificazione del San Marco Trotti ai play-off del girone A di Eccellenza, Correale rivela tutta la verità di quanto successo nella sua esperienza con il club casertano. Un racconto civile ed onesto di una persona che ha dato massima fiducia allo staff societario, venendo ripagato con un taglio che gli nega le ultime tre mensilità stagionali, nonostante nei suoi quasi quattro mesi di avventura si è impegnato con il massimo sacrificio.
“Vado lì a dicembre, con la squadra che era fuori dai play off di qualche punto. C’era bisogno di una gran rincorsa ma purtroppo non ci siamo riusciti. Ovviamente ci assumiamo tutte le responsabilità noi calciatori ma c’è da dire che non siamo mai stati messi nelle condizioni di lavorare tranquilli. Il presidente comunicò che il pagamento degli stipendi sarebbe dovuto avvenire ogni 30 del mese ma puntualmente, ad ogni mezzo passo falso che sia un pari o una sconfitta, veniva al campo e non ci pagava dicendo di essere deluso e di non preoccuparci. Ma allo stesso tempo non portava i soldi se non si vinceva, e quando vincevamo, pretendeva la vittoria della domenica successiva accumulando dei ritardi abbastanza gravi, soprattutto per chi come me viaggia e spende 300 euro al mese tra benzina e tangenziale. Ecco come anche una buona squadra come la nostra riesce a non raggiungere i risultati. Settimana scorsa dopo la sconfitta col Neapolis lui il martedì il presidente comunica a cinque ragazzi (me, Gelotto, Spilabotte, De Micco e Reppucci) che non ci avrebbe più pagato e che, quindi, eravamo liberi di andare a casa o di restare per quest’ultimo mese senza soldi. Ci ha messo in mezzo ad una strada facendoci perdere 3 mensilità. Lui che, al mio arrivo, mi diede la mano e mi disse che la sua parola vale più di un contratto e che la sua società sarebbe stata una famiglia. Voglio che si sappia che lui non è in grado di fare il presidente e che, quando nei suoi ritardi sui pagamenti la squadra provava con i suoi calciatori più esperti a parlargli, lui reagiva alzando i toni e abbandonando la conversazione. Penso che, al di là dei risultati dei quali ripeto ci assumiamo le responsabilità, abbiamo sempre avuto un comportamento da professionisti allenandoci tutti i giorni, dal martedì alla domenica e sudando la maglia in ogni singola partita vinta persa o pareggiata. Per noi è un lavoro, oltre che una passione, ed i tanti sacrifici che si fanno, soprattutto in queste categorie, vengono letteralmente rovinati da presidenti come Nuzzo che non hanno avuto nemmeno il coraggio di comunicarci singolarmente di non volerci pagare più ma che ci ha fatto telefonare dal direttore. Vorrei ringraziare i miei compagni e lo staff che, nonostante le difficoltà, ha sempre cercato di restare unito e di provare insieme a raggiungere un obiettivo realmente impossibile, date le circostanze in cui si lavora al San Marco Trotti. Noi non ci mettiamo d’accordo in base ai risultati od alle prestazioni. Finché ci alleniamo e onoriamo la maglia, al di là del risultato, portando rispetto alla piazza abbiamo il diritto di ricevere i rimborsi a fine mese. Purtroppo a San Marco Trotti si ricevono rimborsi solo in base ai risultati e spero che tutti i calciatori, che in futuro andranno lì, sapranno che sono legati al risultato altrimenti giocheranno gratis”.