E’ entrato in punta di piedi e con la solita calma serafica di chi sa di poter svoltare il match in qualsiasi momento. Uno sguardo che spesso e volentieri si vede negli occhi di Carleton Scott dal momento in cui si alza dalla panchina al cenno di coach Molin fino al momento di mettere piede in campo passando per i secondi sul cubo del cambio. Certo poi come dice il proverbio tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, con l’ex Notre Dame che non sempre è riuscito a dare la stessa efficacia sul parquet su ambo i lati del campo ed in cosi poco tempo, come avvenuto contro Pesaro. Schiacciate, tiri dalla media e triple in attacco, presenza fisica, rimbalzi e stoppate in difesa. Il tutto sempre e solo con la stessa espressione di chi sapeva di poterlo fare. Espressione che cambia quando si tratta di stare davanti alle telecamere in conferenza stampa, con timido sorriso e poche parole, ma soprattutto l’umiltà di prendersi, degli onori del caso, la giusta dose che gli spetta: «È stata una grande partita, molto interessante da giocare e non credo sia stata la mia miglior partita qui a Caserta, ci sono stati tante giocate importanti da parte anche di altri giocatori, quindi non credo. L’importante era vincere e portare a casa i due punti».
Oltre che in attacco, la tua presenza si è sentita molto anche in difesa dove sei stato il migliore difensore su Anosike. Cosa ne pensi?
«Anche in questo caso il singolo ha avuto poca importanza. Certo ci sono stati dei momenti dove le mie azioni hanno avuto una risonanza maggiore rispetto ad altri, ma il tutto è stato un lavoro ed uno sforzo di squadra. Sia prima di iniziare che dopo il primo tempo, ne abbiamo parlato nello spogliatoio e nei secondi venti minuti siamo riusciti a dare una sterzato alla gara sia in attacco che in difesa».
Hai mai avuto paura di perdere la partita contro Pesaro?
«Sinceramente no. Non per una mancanza di rispetto nei confronti di Pesaro, ma credo che in questo sport non puoi farti prendere dalla paura. Quando sei li punto a punto o in un match delicato non puoi essere spaventato o farti prendere dalla paura di perdere, devi solo continuare a lottare».
Di tutti i compagni, al momento sembro quello più legato al nuovo arrivato: Tony Easley…
«Quando c’è l’arrivo di un nuovo giocatore in corso d’opera, la cosa più importante è quella di tentare subito di fare quadrato e di fare gruppo. In questo Tony ci ha dato una grossa mano per il tipo di persona che è e ne siamo contenti. Per quanto mi riguarda, poi, diciamo che mi sono fatto ambasciatore di questo velocizzare l’inserimento di Easley».
Avete anche un gesto ormai che vi accomuna. Cosa significa?
«Per il significato credo che dovete chiederlo a lui – risponde con un grandissimo sorriso sulle labbra –. Io so solo che l’abbiamo fatto una volta in allenamento e ora lo facciamo anche in partita, per il resto dovete parlare con Easley».
Ed ora che forse potete guardare più avanti che indietro, quali gli obiettivi futuri?
«Non vogliamo fare progetti o guardare troppo in la. Andiamo avanti un passo ed una partita per volta. Quindi al momento pensiamo solo a Milano, poi tutto quello che verrà lo affronteremo giorno dopo giorno».