Quando il calcio è una passione infinita: la storia di Busico



Gabriele Busico
Gabriele Busico

Appendere le scarpette al chiodo a soli 27 anni è una decisione dura. Lo è ancor di più, quando hai inseguito per tutta la vita il desiderio di trovare fortuna nel calcio e poi ad un’età precoce ti vedi costretto a dire basta, a mettere da parte i tuoi sogni e riporli nel cassetto. Un “trauma” che non tutti riuscirebbero a superare felicemente ma che pesca delle eccezioni in quelle persone che hanno la forza di riconvertire il proprio individualismo e metterlo a disposizione del prossimo.

Questa breve introduzione era necessaria per presentare un professionista casertano che, seppur non sia più un calciatore da pochi mesi, rientra di diritto nella rubrica di SportCasertano.it “Targato CE”. Si tratta di Gabriele Busico, talentuoso portiere nato il 3 aprile 1985 a Santa Maria Capua Vetere, che da un anno e mezzo è stato incaricato del ruolo di preparatore dei portieri dall’Astrea, società laziale appartenente alla Polizia Penitenziaria che partecipa al Girone F di Serie D. Una responsabilità che egli sta portando avanti nel migliore dei modi, ricevendo la rinnovata fiducia dei vertici del club che da sempre hanno apprezzato ed ora apprezzano il suo lavoro professionale, prima da calciatore e poi ora da componente dello staff tecnico.



L’INTERVISTA

Gabriele Busico in primo piano
Gabriele Busico in primo piano

Tornato per effetto delle vacanze natalizie nella sua città di nascita, dove ha festeggiato le ricorrenze del Natale e del Capodanno insieme ai suoi familiari, Gabriele Busico ci racconta la sua carriera, da quando ha vestito per la prima volta i guanti alle soddisfazioni più belle, dall’arruolamento fino alla decisione più sofferta. Un excursus storico di un calciatore dal futuro radioso che è stato frenato solo da qualche centimetro (in meno) di troppo.

I primi passi. “Credo di aver calpestato un campo di calcio per la prima volta quando avevo sei anni. Mio padre mi condusse ai campetti della vecchia caserma Mario Fiore, e m’iscrisse alla Juve Sammaritana. Non so bene per quale motivo ma, appena il mio primo istruttore, Giuseppe Maresca, mi chiese in che ruolo volessi giocare, io subito risposi portiere. Egli, come il resto della squadra e dei genitori, rimase a bocca aperta poiché difficilmente un bambino decide di propria spontanea volontà di cimentarsi tra i pali, ruolo a cui viene costretto quasi sempre chi non sa giocare in mezzo oppure chi ha una corporatura grassa. Io non appartenevo a nessuna delle due categorie ma ero determinato più che mai; da allora non ho mai cambiato ruolo”.

L’esperienza fuori Regione e le soddisfazioni. “Diverse squadre di calcio professionistico mi hanno visionato ma la più lesta di tutte fu il Perugia che mi prelevò quando avevo compiuto da poco i 13 anni. Era il Perugia di Luciano Gaucci e di Hidetoshi Nakata che disputava la Serie A ed aveva iniziato un florido progetto di calcio giovanile, in cui rientrai anche io. Con i Grifoni disputai due anni, nelle categorie Giovanissimi Nazionali ed Allievi Nazionali, vivendo nello stesso convitto in cui risiedeva l’ex mediano del Napoli Fabio Gatti. Girovagammo l’Italia ed in un torneo prestigioso in Salento, per la precisione a Mondovì, compì la mia parata più prestigiosa. Affrontavamo il Lecce e fu fischiato un rigore a loro favore. Sul dischetto si presentò un giovanissimo Valeri Bojinov che calciò alla stessa maniera con cui ha tirato i rigori in Serie A ed in Premier League, con quella potenza che ha tratto in inganno tanti miei colleghi. Non io. Gli intuii l’angolazione e respinsi la palla, negando la marcatura a quello che poi sarebbe diventato un campione”.

Gabriele Busico in tuffo
Gabriele Busico in tuffo

La maglia azzurra. “Le mie quotazioni salivano di partita in partita e così, dopo vari stage, ottenni la convocazione nella Nazionale Under 14. Mi ricordo che, nel consueto test amichevole, venni preferito ad un certo Emiliano Viviano, estremo difensore che ora è di proprietà dell’Arsenal ed in passato ha vestito le maglia di Palermo, Fiorentina e Bologna.  Fu una soddisfazione incredibile vestire la maglia azzurra, gratificazione di tanti sacrifici svolti per il calcio da parte mia e da parte della mia famiglia”.

Il ritorno a casa nel Gladiator. “Un cambio dirigenziale all’interno del settore giovanile umbro ed un giudizio negativo nei confronti della mia altezza hanno messo fine al mio legame con il Perugia. “Dieci centimetri in più ed avrebbe avuto un futuro assicurato”: è una frase che è ripercorsa spesso nella mia carriera ma non ha mai frenato la mia voglia di sfondare. Ripartii dalla Virtus Lanciano, con cui ho disputato il campionato di Berretti Nazionale per un anno e mezzo, prima di tornare a casa, a causa di problemi con la dirigenza. Era il 2002-2003 ed a Santa Maria Capua Vetere si respirava aria di professionismo. Il Gladiator era risalita dopo tanti anni nell’allora Serie C2 (ora Seconda Divisione della Lega Pro) ed io venni scelto come terzo portiere della prima squadra, dietro Di Muro e Montella. Ho assistito all’epopea di Gaetano Romano e Gaetano Poziello all’ombra dell’Anfiteatro, mentre difendevo i pali della Berretti Nazionale di Stefano Cappiello. E’ stata quella la squadra più forte con cui ho giocato, infatti ci guadagnammo il pass per i play-off”.

Nello staff di Fabrizio Carli
Nello staff di Fabrizio Carli

L’Astrea. “Mentre il Gladiator falliva nella tragica (sammaritanamente parlando) estate 2013, io intrapresi la mia prima avventura con l’Astrea in Serie D. Fu una breve esperienza nel Lazio, poiché ritornai in Campania dove mi sono esibito con le maglie della SSC Capua e del Real Al. Dra. (Real Volturno) in Promozione, tra l’altro disputando un anno insieme a mio fratello Fabrizio, un promettente difensore che non ha avuto la fortuna che meritava. Feci il mio ritorno così nel club di proprietà della Polizia Penitenziaria, con cui ho sottoscritto un matrimonio calcistico a vita che quest’anno festeggia il decennale. Allo stadio Casal del Marmo ho disputato otto anni di grandi soddisfazioni, distinguendomi come un perno inamovibile dello scacchiere laziale e del corpo di polizia penitenziaria, con cui mi sono arruolato nel corso del tempo. All’Astrea devo tanto perché mi ha dato l’opportunità di un posto di lavoro fisso. Occasione d’oro in questi tempi di crisi”.

L’addio al calcio giocato e la sofferenza. “Nell’estate 2012 è giunto il tempo di prendere la decisione più sofferta della mia carriera. Operarmi al ginocchio, poiché non potevo andare avanti in quel modo, oppure chiudere con il calcio. Non è stata una scelta semplice ma ha contribuito in maniera fondamentale la proposta rivelatami dall’Arma che decise di affidarmi il ruolo di preparatore dei portieri, considerando la mia professionalità, dedizione e competenza in materia. Ho accettato l’incarico, anche se ancora oggi soffro nel guardare gli altri portieri che si tuffano. E’ un lavoro del tutto nuovo a quello cui ero abituato. Quando passi dall’altro lato della barricata, ti accorgi di tanti particolarità che prima non avevi notato e ti devi porre dei limiti con la squadra, al fine di non concedere troppa confidenza”.

Gabriele Busico
Gabriele Busico

Il rapporto con gli allenatori. “Al mio primo anno da preparatore dei portieri, ero nello staff con Pino Ferazzoli (vecchia conoscenza dell’Aversa Normanna). Dopo un mese di prova, quest’ultimo mi ha dato carta bianca, avendo piena fiducia in me. Poi all’inizio di questa stagione è stato designato come allenatore Fabrizio Carli, colonna portante dell’Astrea per lunghi 14 anni, che dopo il ritiro ha provato l’esperienza tecnica. Avendo giocato insieme per otto anni, ovviamente il rapporto instauratosi nel tempo è stato cementificato dal fatto di condividere l’attività agonistica da un altro punto di vista. Ma dopo quattro sconfitte consecutive, Carli è stato sostituito da Roberto Rambaudi, ex gloria del Foggia e della Lazio che deve tanto al maestro boemo Zdenek Zeman in quanto a modulo e voglia di insegnare calcio. Da grande osservatore, nei primi tempi egli ha assistito spesso alle mie sedute con i portieri, apprezzando il mio lavoro tanto da farmi grossi complimenti. Cerco di dare il massimo per far crescere i nostri portieri e di metterli al pieno servizio della squadra. Il mio lavoro si sta vedendo ed infatti i ragazzi sono sui taccuini di diversi club di Lega Pro”.

Ricordi, sentimenti ed aneddoti della carriera di Gabriele Busico, un portiere divenuto preparatore dei portieri che vive una sconsiderata passione per il calcio e che ha tanta voglia di conquistare quelle soddisfazioni da preparatore che non si è preso da calciatore.


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