«Vengo in conferenza con grande fatica, ma credo che in questo momento cosi difficile sia per me necessario presentarmi e mettere la faccia per tutta la mia squadra». Questa la prima frase, questo il primo commento di coach Lele Molin arrivato tra i banchi della sala stampa del Palamaggiò come un tir in piena corsa. Un Molin come mai visto. Un Molin arrabbiato, stufo e frustrato dall’ennesima sconfitta, ma soprattutto dall’ennesima fotocopia di una sconfitta che cose come contro Milano, contro Roma e contro Avellino, ha visto una squadra che gioca e regge il ritmo degli avversari per il primo tempo, per poi abbandonare baracca e burattini e ripresentarsi sul legno di gioco negli ultimi tre minuti di gioco provando e sempre riuscendo a rimontare ed arrivare nel finale con un punteggio quanto meno favorevole all’impresa. Un modo di giocare che lo stesso timoniere mestrino ha definito d’azzardo e che fino a questo momento non ha certo arriso ai bianconero. Certo tra i tavoli dei Casinò di Las Vegas o di mezzo mondo si vince anche, ma fino a domenica sera la fortuna non ha ancora deciso di evitare di dare le spalle alla truppa di Terra di Lavoro. Probabile che in questa settimana delle spalle verranno girate quanto meno a qualche componente della squadra, specialmente dopo la dimostrazione di domenica pomeriggio che cosi come è non riesce e non ha la possibilità di rialzare la testa. Ovviamente nessun nome è stato fatto esplicitamente, ma quello che potrebbe finire su un aereo è lo stesso che ha rischiato di finirci qualche settimana fa dopo la sospensione: Stefhon Hannah. Di sicuro il presidente Iavazzi ha rassicurato sulla staff tecnico che continuerà ad essere quello che ha guidato la Juve fino a questo momento. Parole che se associate al cambio di un giocatore suoneranno come ulteriore campanello di avvertimento nei confronti di chi ancora non avesse recepito il messaggio.
«Abbiamo giocato due quarti come dovevamo e come potremmo giocare sempre – ha ripreso un Lele Molin che definire nero in volto è un vero e proprio eufemismo -. Poi abbiamo mollato tutto e ci siamo fatti stritolare da Brindisi dal punto di vista della durezza sia fisica che mentale. Non siamo mai riusciti a rispondere a questa cosa, mai riusciti a trovare una soluzione utile per non farci mettere sotto e questo ha dato vita ad un secondo tempo impietoso nei nostri confronti e messo in scena quelli che ormai sono i problemi soliti e di cui si parla ormai da tempo».
Come si spiega una cosi diversa presenza in campo. Si parte bene, poi blackout e poi questa rimonta finale…
«Le partite vanno giocate per tutti i quaranta minuti. Come si spiega? Molto facile. All’inizio nella freschezza mentale e fisica di pensare di affrontare quaranta minuti di partita abbiamo avuto la lucidità e la concentrazione di costruire dei tiri importanti e disciplinati. Nel primo tempo abbiamo tirato con il 49% da due ed il 42% da tre punti ed il punteggio ed il basket prodotto ne sono stati la dimostrazione. Poi arriva il terzo quarto, arriva il momento della costruzione della partita e li molliamo gli ormeggi. Brindisi ha alzato il livello di fisicità, ha attaccato Hannah nei post up e noi non solo non siamo riusciti a trovare una soluzione, ma ci siamo anche disuniti in attacco. Abbiamo tirato 2/14 da tre punti nel terzo periodo».
Si ma poi arriva la rimonta…
«La rimonta è un gioco d’azzardo. E’ un momento in cui sotto nel punteggio o la va o la spacca. Il pallone non pesa più ed allora torniamo a giocare come nella prima parte. Il pallone pesa molto di più quando si è punto a punto, quando la squadra avversaria ti risponde di volte in volta e ti fa pensare in campo, commettendo essa stessa degli errori, ma se poi di quegli errori non ne approfittiamo, ma ne commettiamo degli altri allora la spiegazione non può che essere che questa squadra davanti alle pressioni si scioglie e non c’è nessuno che la tenga e l’ultimo tiro, non perché l’abbia preso Hannah, è la dimostrazione di quello che è lo stato mentale di questa squadra. Abbiamo preso un tiro da tre per vincere e quindi un azzardo, invece che provare a prendere un fallo. Un tiro che è la dimostrazione di una concezione che dovrebbe essere lontana da quella che dovrebbe essere la nostra idea. Dico questo perché non voglio che si parli di singoli. Io sono qui per allenare questa squadra. Sono qui a prendermi tutte le responsabilità di aver scelto tutti questi giocatori, ma forse il processo di crescita di un gruppo, che ne ha di margini, è più lungo di quanto pensassi ed il tempo sta per finire. Se tre settimane fa eravamo tutti un po’ più tranquilli di avere un po’ più di tempo, ora questo tempo non c’è più e ripeto sono qui a metterci la faccia e a prendermi le responsabilità delle cinque sconfitte consecutive».