«Siamo partiti con le idee un po’ confuse, ma soprattutto non riuscivamo a capire quello che dovevamo fare contro quello che Roma stava mettendo in campo dal punto di vista difensivo». Parte da lontano nell’analizzare la sconfitta con la solita e classica espressione che sembra non tradire emozioni sia in caso di vittoria che di sconfitta tranne qualche estemporaneo sorriso. Ma se il volto non fa trasparire emozioni, le parole del timoniere mestrino non si nascondono certo dietro un dito. Parole che dimostrano come coach Molin fosse amareggiato per come la squadra ha risposto in campo nella parte iniziale, appunto, ed in quella intermedia dopo la batosta dell’espulsione di Mordente. A conti fatti quella che ha trascinato letteralmente la Juve alla parte finale del match dove improvvisamente si è accesa una lampadina che stava per rimettere in piedi un faccia a faccia che sembrava già abbondantemente chiuso, poteva essere preventivato soprattutto considerando lì’apporto del capitano bianconero fino a quel momento sia in attacco che in difesa, dove ormai non più un caso che nei quintetti mini di Molin il suo numero è quello accoppiato con giocatori più grossi e alti di lui, ma che tiene alla grande, per info chiedere sia a Smith che nell’ultimo caso di specie ad Hosley, di certo non si sarebbe aspettato di vedere quel tipo di inizio da parte della squadra. «Nonostante tutto siamo stati attaccati al match – ha continuato lo stesso coach bianconero – un po’ per volta siamo riusciti a venire a capo del rebus rappresentato dalla difesa romana e abbiamo iniziato a carburare. Il tutto è anche avvenuto con l’ingresso di Mordente in campo che ha trovato da solo e con i compagni l’assetto giusto per restare a galla e tornare anche a comandare con un parziale aperto a nostro favore. Poi è successo quello che è successo: espulsione di Mordente, un giocatore importante in meno e percentuali dalla lunga distanza assolutamente scarse».
Quale il motivo secondo lei della confusione iniziale?
«Forse abbiamo pensato che solo ed esclusivamente correndo possiamo e saremmo potuti venire a capo della forte difesa che la Virtus stava effettuando. Avevamo deciso di correre, nonostante Roma aveva bloccato Hannah e quindi il motore dei contropiedi e quindi abbiamo deciso di inventare. Alla fine credo che ci sia andata anche bene, visto che nel primo quarto siamo rimasti attaccati al match prima di trovare, come dicevo in precedenza, il bandolo della matassa con l’entrata di Mordente».
Cosa è successo poi in occasione dell’espulsione?
«Quarto fallo di Mordente lo tolgo dal campo e lui nell’avvicinarsi alla panchina in un momento di stizza con la panchina o cose che riguardavano quanto era avvenuto in campo, da un calcio ad una asciugamano. L’arbitro lo vede e gli fischia tecnico e poi li nel tentativo di dare e chiedere spiegazioni è arrivata l’espulsione».
Quanto ha pesato?
«Sono cose che in una partita possono capitare, possono condizionare un match perché la sfida è girata su quell’episodio, ma che secondo me non ci devono condizionare al punto di smettere di giocare, visto che abbiamo già problemi a leggere le partite e non possiamo aggiungerci anche il perdere la testa. Dopo quell’episodio abbiamo accusato il colpo anche perché Mordente era il giocatori che ci stava tenendo a galla con grande leadership. Abbiamo avuto bisogno di un po’ di tempo per provare a tornare quelli di prima con l’aggiunta dei dieci punti di svantaggio. Poi però siamo riusciti a riprendere la strada giusta, ma in quel momento l’abbiamo persa dall’arco dei tre punti».
Quindi la chiave del match è nei tiri da tre punti e quelli presi dalla Juve?
«I tanti tiri presi in più rispetto a Roma sono propri del fatto che avendo tirato male da tre punti e avendo preso più rimbalzi abbiamo avuto più seconde opportunità. Detto questo la chiave è stata assolutamente la percentuale dalla lunga distanza, soprattutto in base a quanto la difesa di Roma faceva e ci lasciava in campo».
Nonostante tutto si è arrivati all’ultimo tiro. Dopo il time out quello che ha visto in campo è lo stesso gioco disegnato in panchina?
«Se ne facciamo una questione di corrispondenza no, avevo disegnato tutt’altro e quindi un tiro da due punti e poi fallo. Ma in campo non ci siamo noi, ma i giocatori. Loro hanno letto quello che la difesa in quel momento ci concedeva ed io non mi sento di dire nulla, ma non era quello che avevo disegnato».