«Era la nostra prima partita in trasferta, era il nostro primo esame lontano da casa e quindi uno altrettanto importante di quello che abbiamo passato due settimane fa contro Venezia e riuscire ad uscire con l’intera posta in palio tra le mani e nel modo in cui l’abbiamo fatto, non può che farci ritenere soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto e stiamo facendo fino a questo momento anche se siamo solo alla seconda partita di campionato». Esordisce cosi il gladiatore bianconero Andrea Michelori, nel commentare la vittoria al batticuore di domenica scorsa contro la Vuelle Pesaro.
«Abbiamo affrontato una squadra che a dispetto di quanto si sentiva dire – ha continuato lo stesso lungo bianconero – è una squadra di un buon livello, quadrata con buone individualità e che sono convinto possa fare bene nel corso di questo campionato. Per quanto ci riguarda abbiamo giocato una partita dominata nella prima parte della sfida, poi abbiamo subito un ritorno da parte di Pesaro, ma credo fosse un qualcosa di normale e qui mi ricollego alla mia considerazione del ritenersi soddisfatto per il come abbiamo portato a casa la vittoria. Nel momento del ritorno e quindi del supplementare non ci siamo assolutamente disuniti, ma abbiamo tenuto mentalmente e fisicamente il campo continuando a giocare la nostra pallacanestro. Abbiamo mostrato impegno ed attitudine e questo lontano da casa è cosa molto importante, specialmente per una squadra giovane come la nostra. Non abbiamo nulla da rimproverarci, dunque, ma questo non toglie che siamo una squadra che ha ancora dei passi in avanti da fare sotto l’aspetto sia tecnico che dell’esperienza, ma per il momento va bene cosi e la strada che abbiamo intrapreso dall’inizio della stagione non può che essere quella giusta».
Ormai è una costante che con il tuo ingresso in campo la partita cambia specialmente dal punto di vista del livello di energia…
«Non posso che essere contento che al mio ingresso in campo, qualcosa cambia perché questo vuol dire che il mio apporto alla squadra è quello giusto e quello che io voglio, ma soprattutto che coach Molin vuole da me. Per ora è andata bene, ma probabilmente ci saranno altre situazioni in cui magari non sarà cosi, ma l’importante è essere utile e io ci sto provando, forse non in termini di spettacolarità come i miei compagni, ma in modo diverso. Mi sento molto meglio rispetto allo scorso anno quando ho dovuto fare i conti con problemi del passato e quindi ho iniziato al meglio questa stagione. Sono un anno più vecchio ma forse ringiovanito nelle prestazioni e questo mi permette di correre anche dietro ai miei compagni che sono molto più giovani di me».
Senti questa differenza di velocità quando sei in campo?
«Intanto corro bene il campo e questo come dicevo mi permette di stare al passo dei compagni, ma a volte quando sei fuori ti rendi conto della velocità a cui vanno questi ragazzi, quindi diciamo che intanto corro, ma poi il tutto dipende dalle situazioni».
Oltre alla sostanza ed al lavoro sporco che cambia le partite, ormai anche i liberi sono una specie di routine positiva…
«Sono contento che il conto a Pesaro sia stato diverso da quello in casa contro Venezia dove ne ho spagliato anche qualcuno di troppo. Quando sei su quella linea tutto dipende dalla testa. In allenamento ne segno tantissimi, poi in campo c’è il valore del momento e l’emotività del giocatore».
Ora all’appello c’è Milano, un big match che può fare paura, ma vista la prima con la Reyer, quale il tuo parere?
«Il valore di Milano non sto qui a spiegarlo io. E’ logico che giochiamo contro una squadra con ambizioni diverse e probabilmente già questo può essere un punto a nostro favore. Noi siamo a punteggio pieno, loro hanno già perso una partita e sono chiamati a vincere anche sul lungo periodo e quindi avranno un peso in più sulle spalle e questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per noi che cercheremo come al solito di giocare la nostra pallacanestro e provando a non farci mettere sotto dalla loro fisicità. Il resto il valore della sfida credo che dia le motivazioni giuste a tutti, esperti e rookie considerata la vetrina che questa partita ti offre. Tutti ne sono consapevoli e durante questa settimana proveremo a sottolinearlo ancora di più, sempre che ce ne fosse bisogno».
E da quest’anno questo ruolo di chioccia, di ‘sottolineatori’ dell’importanza dell’evento per tenere alta l’attenzione di un gruppo che appare già molto unito, tocca in campo particolarmente a te e Mordente. Come vivi questa situazione?
«Forse in maniera diversa da Marco, ma semplicemente per modi diversi di vivere la partita. Lui in campo è molto più comunicatore, io forse molto più silenzioso. Tra l’altro non sono il tipo che ritiene di dover per forza di cosa e a prescindere insegnare qualcosa ai compagni giovani. Ho fatto tanti anni di LegaA è vero, ma potrei essere anche io a poter imparare qualcosa da loro. Certo è che se in un momento particolare c’è bisogno di un mio consiglio io sono pronto cosi come a volte ho fatto notare a Moore che qui in Italia, magari nel marcare l’avversario c’è bisogno più di fisicità e di contatto che magari saltare per provare a stoppare. Per quanto riguarda il gruppo, credo che non si poteva iniziare in modo migliore. La stagione è ancora lunga e possiamo ancora crescere da questo punto di vista».