Molin si gode la sua Juve



Coach Molin
Coach Molin

Alla fine non tutti i mali vengono per nuocere. Può essere riassunta cosi la domenica della Juve che torna dalle marche con un bottino pieno tra le mani che pesa molto più di quanto si possa immaginare. Un bottino che fa respirare, un bottino che mette un’altra enorme ‘X’ nella caselle delle vittorie, ma soprattutto un bottino che renderà questa settimana ed il prossimo turno di campionato un qualcosa di veramente interessante. Se la settimana successiva alla vittoria contro Venezia aveva dato quella tranquillità e serenità necessaria per affrontare e valutare la risposta di questa squadra in trasferta dopo aver visto quello che è capace di fare in casa, i due punti di Pesaro alleggeriranno ancor di più a zavorra, per il semplice motivo che la Juve si ritrova all’interno dei panni e del percorso che Milano, la prossima avversaria, doveva essere e viceversa. Quattro punti e due successi, che quindi, lanciano i bianconeri in quell’orbita di tranquillità e non pressione dalla quale può trarre solo giovamento in vista di un match del genere, considerando che se arrivasse la terza vittoria consecutiva si è arrivati al nuovo grande colpo mettendo ko l’Armani Jeans, in caso contrario, non troppe le ferite, considerando la diversità di roster e di investimenti, ma soprattutto di obiettivi stagionali. Insomma quasi a dire che con le spalle al muro ci sono le scarpette rosse, anche se la situazione poteva essere diversa e la posizione in classifica dopo ottanta minuti, anzi ottantacinque per la Juve, identica con una vittoria ed una sconfitta. Ma ecco che si ritorna al ‘non tutti i mali vengono per nuocere’, ecco che si ritorna a quella sliding door rappresentata dall’auto canestro di Roberts sul tiro libero di Turner o – per stessa ammissione di coach Molin – il mancato utilizzo di Scott che aveva dato un buon impatto nei primi venti minuti, hanno aperto un nuovo mondo ai bianconeri invece di portarli con i piedi davanti a quella che sarebbe stata comunque definita come una sconfitta pesante ma soprattutto per la sorta di dominio avuto nella prima parte di gara. Ed invece Molin ha trovato risposte soprattutto a quelle che erano le sue preoccupazioni o punti di domanda evidenziati alla vigilia della sfida con i marchigiani. Risposte, però, che al momento sono ancora dalla doppia faccia della stessa medaglia, anche se al momento va bene cosi visto che i dubbi e le risposte a metà hanno generato ancora un successo. Quali i punti in questione? Ovviamente l’attacco e la gestione della fase offensiva. Un lungo dibattito nella sua conferenza stampa dove ha sottolineato la voglia di non snaturare quanto ammirato con Venezia ed uno stile di gioco che è la caratteristica principale di questa squadra. Sottolineatura arrivata anche nella sala stampa dell’Adriatic Arena al termine del match con lo stesso Molin che ha risposto alla domanda in questione in questo modo: «Nella settimana di preparazione alla partita, più volte c’eravamo detti che non dovevamo e forse non potevamo snaturare il nostro gioco. Non possiamo cambiare la nostra indole, ma come ho detto in sede di presentazione della partita dovevamo solo essere attenti a leggere le altre situazioni che la partita ci presentava. Ancora una volta abbiamo dimostrato che giocando il nostro basket in velocità siamo riusciti a trovare un ampio margine di vantaggio, ma allo stesso tempo abbiamo mostrato l’altra faccia della medaglia che è stata rappresentata dalle difficoltà arrivate con il gestire l’attacco a ritmi lenti e più controllati. Ancora una volta, dunque, abbiamo avuto dei momenti di alti e bassi, ma alla fine abbiamo trovato la forza di non mollare un attimo in difesa e di riprenderci nell’overtime un risultato finale che stavamo provando a costruire nel primo tempo con il nostro stile di gioco».

Un primo tempo quasi dominato ed un punteggio di +10 verso la fine del secondo quarto come unico momento di difficoltà, poi il terzo quarto che ha rimesso in partita Pesaro ed un finale al cardiopalma…



«Oltre che al cardiopalma, nel finale mi stavo mangiando le mani per come stava andando avanti la partita nel secondo tempo e per quello che, invece, avevamo fatto nel primo. Va anche detto che il tutto non è ovviamente demerito nostro, visto che la rimonta di Pesaro è arrivata quando Turner ha iniziato ad accendere la lampadina del gioco cosi come aveva fatto ad Avellino. Alla fine, ripeto, abbiamo trovato la forza mentale di non abbondare il campo e di tornare a Caserta con l’intera posta in palio».

Perché mai Scott nella parte finale della partita, dopo il suo buon impatto?

«Ho semplicemente perso il momento del suo ingresso in campo – ha concluso il timoniere mestrino nella sua conferenza in quel di Pesaro -. Un tempo che ogni allenatore deve avere e io ho perso quel momento ed è stato un mio errore, ma volevo spingere sulla prestazione di Brooks. Poi nel finale quando il tutto è finito con l’essere un match punto a punto, ho preferito non inserirlo per evitare situazioni di difficoltà nei suoi confronti e della squadra. Ovviamente se tornassi indietro la scelta sarebbe diversa».


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