«E’ difficile fare un vero e proprio bilancio anche se a conti fatti abbiamo messo a referto quattro amichevoli. Diciamo quindi che è stato più che altro un prendere confidenza con l’ambiente della LegaA, con il modo di fischiare degli arbitri, considerando che le prime due non abbiamo fatto conto dei falli, e quindi tutta una serie di indicazioni dalle quali eravamo perfettamente consapevoli che potessero arrivare delle problematiche». Esordisce cosi Sergio Luise nel commentare la due giorni pugliese che ha visto la Pasta Reggia soccombere sia nella prima sfida contro i padroni di casa che nella seconda contro l’Armani Milano.
«Senza contare – ha continuato lo stesso assistente in panchina di coach Lele Molin – che siamo ancora in fase di costruzione di conoscenza sia dei giocatori che del modo di giocare. Un qualcosa che in questo momento dell’anno inevitabilmente ti crea qualche difficoltà di gioco legata al magari dimenticare qualche posizione o movimento dello schema o ancora di non conoscere al meglio come un compagno vuole o non vuole la palla in determinate situazioni tattiche. Siamo ancora in divenire e secondo me sarebbe un problema se questi problemi non ci fossero e non il contrario, visto che siamo una squadra completamente nuova rispetto allo scorso anno».
Guardando al lato tecnico quali i punti positivi e quali quelli negativi?
«Personalmente ripartirei e sono molto contento della voglia che ancora una volta i ragazzi hanno dimostrato. Abbiamo subito dei parziali importanti, ma ogni volta siamo riusciti con impegno e grinta a tornare in partita e questo denota una tenacia nel gruppo non indifferente. Una voglia di reagire derivante anche dal saper ascoltare i consigli ed i dettami dello staff tecnico quando le cose andavano male. Per esempio le nostre inversioni di tendenza sono arrivate bene o male nella seconda parte quando dopo che coach Molin ha dato delle indicazioni e suggerimenti che la squadra ha eseguito molto bene. Per i lati negativi e quindi quelli su cui lavorare, beh la conoscenza a pieno dei giochi o del gioco che il coach vuole in campo è questione di tempo. Cosi come in difesa abbiamo ancora delle cose da registrare, visto che non è propriamente la stessa cosa fare dei recuperi o tenere il passo di squadre di Legadue contro giocatori ed atleti che in alcuni casi, vedi Milano, sono da Eurolega. Ripeto c’è da lavorare ancora tanto, ma non sarebbe normale in maniera diversa».
Quindi tra i tanti fattori, si può inserire anche l’aver giocato contro due formazioni che fisicamente non avevano niente a che fare con Veroli e Napoli?
«Assolutamente si. Queste due partite, cosi come tutto il pre-campionato che abbiamo deciso di affrontare prima della sfida con Venezia, ha uno scopo ben preciso e cioè quello di permettere ai nostri rookies di prendere coscienza e contatto con il vero senso della LegaA. Ecco perché abbiamo scelto di giocare contro squadre di alto livello fino alla fine, potevamo scegliere di farne uno molto più agevole, ma lasciando, magari, qualche convinzione indietro nel tempo e che sarebbe tornata a galla alle prime giornate di campionato. In questo modo, invece, prendiamo subito possesso della realtà, dei nostri mezzi, di quelli degli avversati e di come affrontarli nel modo giusto. Al 13 di ottobre il nostro intento è presentarci al meglio della condizione oltre che fisica, ma anche della conoscenza del nostro gioco e delle possibilità di talento delle altre formazioni».
Dall’altra parte Brooks ha dimostrato di poter essere la terza pedina oltre Michelori e Mordente per trovare continuità quando i rookies faranno fatica…
«Jeff per noi è una pedina molto importante non solo per quello che fa in campo o è in grado di fare, ma anche al di fuori dal campo. E’ un americano che conosce questo campionato, un americano che può dare dei consigli e delle direttive a dei suoi connazionali sul come affrontare e superare determinati problemi, quindi il suo peso in questa squadra è inestimabile».
Sempre in casa americani, al di là delle difficoltà oggettive determinate dai fattori da te precedentemente menzionati, Hannah è sembrato essere un tantino più in difficoltà, può essere secondo te che sta pagando più degli altri la preparazione fisica e quindi la mancanza di un mezo per lui importante, ma che ritroverà a breve?
«E’ un giocatore che fa della velocità in campo aperto una delle sue doti migliori. Non poterlo fare in questo momento per i carichi che ancora stiamo effettuando, lo ha un po’ limitato. Come dicevo in precedenza, però, lui è uno dei rookies in assoluto e nel ruolo più importante. Quindi ha il doppio compito anche di comprendere i tempi ed i ritmi del campionato italiano. Detto questo è stato, però, sicuramente tra i giocatori che si sono spinti di più dal punto di vista fisico anche se non al meglio e che non ha mollato mai. Non appena troverà la condizione giusta, dimostrerà quello che noi vediamo in palestra».