Da sempre bandiera del Centro Diana, sempre l’ultima ad uscire dal campo, l’ultima ad arrendersi, la prima pronta a sbucciarsi le ginocchia, a dare l’esempio alle più giovani, a prendersi responsabilità supplementari quando la tensione e la pressione salgono: Eva Giannelevigna negli anni che hanno portato il Centro Diana dalle categorie regionali alla storica salvezza nella A3 nazionale è stata una presenza costante, sempre in positivo. Non a caso è il capitano di questa squadra, che ha scritto una pagina importante della propria storia salvandosi in quel di Bari, e che si appresta ora a vivere un altro anno in mezzo a tante grandi realtà del basket italiano. Tiro da tre, canestri sempre ad alto coefficiente di difficoltà, assist precisi e ball handling di grande qualità sono le doti che hanno sempre contraddistinto il play della squadra in biancoblu. Sarebbe però impossibile descrivere appieno le caratteristiche di esperienza, di carattere e di cuore che hanno contraddistinto la giocatrice col numero 15 sulla schiena. Quest’anno ne sono successe davvero tante, forse più anche di quelle accadute nella sua carriera, con addirittura anche la gara con Potenza in cui, visti alcuni problemi burocratici ha rivestito anche il ruolo di allenatrice in pectore: alla fine, comunque, resta la grande soddisfazione di aver portato a casa l'obiettivo e di averlo fatto anche con il bel gioco.
Una stagione finita in crescendo, con una vittoria inaspettata in quel di Bari: da dove nasce questo successo?
«Vincere la finalissima a Bari è stata davvero una bellissima emozione. Forse, a dirla tutta, credo che la cosa inaspettata sia stata perdere gara 1 in Puglia… La cosa più complicata, di sicuro, è stata rimanere concentrate e lucide nonostante la prima sconfitta per potersi rialzare, affrontare al meglio e poi andare a vincere le 2 partite successive. Non è stato semplice ma ce l'abbiamo fatta».
Quali ricordi rimarranno nel cassetto? Cosa invece vorresti dimenticare?
«Di sicuro l’immagine più bella da ricordare è stata la vittoria al Pala Balestrazzi di Bari dopo tre tempi supplementari, che si può definire come una vera e propria liberazione. Di momenti brutti, invece, nel corso della stagione, ce ne sono parecchi da ricordare: basti pensare a tutte le occasioni che ci siamo lasciate sfuggire, non ultima quella in casa contro Santa Marinella dopo 1 tempo supplementare che poteva regalarci una tranquillità diversa nell'ottica play out».
Quanto ha inciso l'avvento di coach Palmisani e il suo lavoro sul vostro cambio di rotta in stagione?
«Penso che l'avvento di coach Palmisani, che inoltre era già il nostro secondo in panca, sia servito a dare tranquillità e positività all'ambiente in un momento della stagione dove tutto sembrava nero e si respirava troppa aria di tensione. Come lavoro tecnico non c'è stata nessuna particolare rivoluzione ma sicuramente una differenza c'è stata dal punto di vista della lucidità mentale, anche soprattutto perchè si è posta una maggiore attenzione all'atletica e all'aspetto fisico».
Quale la qualità di questo Centro Diana che ha fatto alla lunga la differenza?
«Non una sola qualità, ma un insieme di qualità. Penso, infatti, che la nostra squadra sia di un buon livello e dotata di alcune giocatrici di qualità. Purtroppo, però, non siamo riuscite ad esprimere dall'inizio il nostro valore, ma alla lunga siamo venute fuori e abbiamo dimostrato di potercela giocare contro tutti».
Un tuo giudizio sulla stagione complessiva e un saluto ai tifosi…
«Per quest'anno siamo riuscite a centrare il nostro obiettivo che era quello della salvezza. Avevamo sicuramente la possibilità di ottenerla in modo meno complicato ma tutto è bene quel che finisce bene. Un saluto affettuoso va fatto ai nostri tifosi fedelissimi e in particolare un grazie alla mia mamma che è sempre stata presente per me e per tutta la mia squadra».