«Una sensazione bellissima. Ripaga di tutti gli sforzi fatti durante l’anno, ma soprattutto ricorda il vero scopo del nostro lavoro: coinvolgere la gente e renderla orgogliosa della squadra della propria città». Commenta cosi il finale, ma anche il prima e durante della sfida contro la Trenkwalder Sergio Luise, specialmente in riferimento agli applausi e alla giornata di festa che si è venuta a creare nel match conclusivo della stagione. Un match che ha congedato tutto e tutti, ma non il presidente Iavazzi che ora avrà l’infausto compito di tentare il tutto per tutto per regalare nuovi soci e forze economiche alla sua Juvecaserta.
L’idea del vostro striscione, invece, quando e dove è nata?
«L’idea è nata in ufficio ai margini di una riunione tecnica. È stato Pino ad aver l’intuizione di utilizzare uno striscione per manifestare il nostro ringraziamento ai nostri tifosi e alla città di Caserta per esserci sempre stati vicini in questa difficile annata».
Quale il segreto secondo te di questa grande alchimia che si è creata, in maniera particolare, questa stagione con la città?
«Credo che in particolare il merito vada riconosciuto principalmente al gruppo di italiani. Sono stati loro la vera anima di questa squadra, sono riusciti a trasmettere la propria voglia di vincere, di lottare con sudore ogni domenica non partendo mai battuti. E quindi credo che la città, con tutti i suoi problemi, si sia rivista in questa squadra e nei suoi protagonisti».
Passando a Reggio, si poteva fare di più oppure è stato già tanto essere arrivati fino alla fine a contatto e addirittura con l’idea di poterla vincere?
«Non penso si potesse fare di più. Con due giocatori infortunati è stato fatto il possibile per arrivare agli ultimi minuti a contatto. Se fossimo riusciti a limitare alcune palle perse nel finale forse avremmo avuto un risultato diverso».
Guardando a tutta la stagione, hai qualche rammarico in particolare?
«Più che rammarico vorrei rigiocare due partite: prima di tutto quella in casa contro Biella e poi quella con Venezia sempre al Palamaggiò. Due partite perse che ci hanno visto quasi tutta la partita avanti e che forse meritavano una conclusione diversa».
Quale il momento più entusiasmante?
«Ci sono stati diversi momenti da ricordare: le vittorie contro Sassari e Siena o quella a Cantù. Partite vinte da sfavoriti e quindi con ancora più valore».
Quale quello peggiore?
«Probabilmente proprio l’inizio di campionato. Abbiamo iniziato con alcune sconfitte pesanti dal punto di vista del punteggio, con la squadra che, come già durante il precampionato, aveva avuto diversi problemi di amalgama e infortuni».
Cosa ti ha colpito di più di questa squadra?
«Sicuramente la capacità di reagire a quelle che potevano essere, per tutti, delle difficoltà difficilmente superabili. Ogni volta ha saputo andare avanti, ricompattandosi e diventando sempre più forte. Molto merito è da attribuire a Pino, la sua gestione soprattutto dei momenti difficili è stata funzionale al massimo e la squadra tutta lo ha seguito fiduciosa nelle sue scelte».
Chi ti ha colpito di più?
«Non c’è stato solo un protagonista, ogni partita ha visto l’apporto decisivo di giocatori diversi. Se proprio devo fare un nome dico Gentile. La sua crescita è stata costante ed esponenziale».
Cosa ti hanno regalato personalmente e professionalmente questi ragazzi e questa esperienza?
«Dal punto di vista professionale questa stagione insegna che le squadre vanno costruite partendo dagli uomini piuttosto che dai nomi. E’ molto più funzionale un gruppo di giocatori che si aiutano in campo che singoli talenti più attenti alle loro statistiche che al risultato di squadra. Personalmente ho potuto constatare come qualsiasi difficoltà si possa superare stando uniti e credendo in quello che si fa e lavorando sodo».
Cosa pensi abbia dato ai giovani come Marzaioli, Cefarelli, Sergio o i due ancora più piccoli Marini e Salzillo?
«Spero che facciano tesoro più che dei minuti e delle responsabilità che hanno dovuto prendersi e che ritroveranno utili nelle loro carriere che è più importante avere la voglia e la gioia di andare in palestra ad allenarsi non mollando mai e che l’aspetto economico è importante ma non unico motivo».
Cosa vedi nel tuo futuro per la prossima stagione?
«Di avere la possibilità di continuare a crescere professionalmente in quella che considero la mia seconda famiglia. La Juvecaserta non è infatti solo una società sportiva, ma ha un significato ben più profondo».
Se dovessi fare un appello al presidente Iavazzi a non mollare cosa diresti?
«Sono sicuro che il presidente Iavazzi, a cui possiamo e dobbiamo solo dire grazie, conosce bene il significato della nostra Juvecaserta e del suo valore sociale ed educativo per tutti i casertani. Come sa bene che le emozioni provate nel far parte di un progetto così importante sono difficilmente ripetibili in altre situazioni. Non credo quindi che abbia bisogno di appelli, ma che farà tutto il possibile per continuare in questa avventura».