«Siamo all’ultima conferenza dell’anno, ci sono idee un po’ confuse per lo stato emozionale che si è creato prima durante e dopo la partita, ma è anche giusto che si analizzi prima di tutto il match contro Reggio Emilia per poi parlare di altre cose che non riguardano o non hanno riguardato direttamente il campo ed il Palamaggiò contro la Trenkwalder»: Esordisce cosi Pino Sacripanti nella sua ultima sala stampa di questa stagione a Pezza delle Noci. Una sala stampa arrivata dopo un match perso nelle battute finali, dopo l’ennesima impresa sfiorata ed una squadra che ha dato forse anche molto di più di quello che poteva e con Jonusas e Mavraides in panchina a guardare tutto e tutti con addosso il completino, ma solo per onor di firma. Ma soprattutto una sala stampa arrivata dopo i saluti finali, gli applausi scroscianti, che a dire il vero non sono mai mancati per tutto il match, dopo gli abbracci, le foto gli autografi e le tante attestazioni di stima nei confronti non solo della squadra, ma anche nei confronti di chi l’ha guidata durante tutto questo lungo e difficile tragitto. Una sala stampa, infatti, iniziata con qualche minuto di ritardo di troppo proprio per permettere a tutti i protagonisti di salutare nella maniera dovuta i presenti al Palamaggiò che non hanno voluto perdersi quanto accaduto e che ha consegnato definitivamente alla storia un’altra annata, un’altra squadra che nonostante tutto ha fatto vibrare i cuori degli aficionados di Terra di Lavoro e conquistando anche un posto di rilievo all’interno del libro dei ricordi bianconeri. «Abbiamo giocato un’ottima partita – ha continuato il timoniere canturino Pino Sacripanti -. Siamo partiti un po’ sbracciati e senza la nostra solita durezza andando sotto nel punteggio, ma poi ci siamo ripresi alla grande, abbiamo alzato il livello della nostra intensità difensiva e abbiamo reso la vita difficile a Reggio. Purtroppo credo che la chiave della sconfitta, tra l’altro arrivata solo nella parte finale, sia quella di aver pagato la mancanza di lucidità nel finale con passaggi forzati al posto di quelli facili, cosi come avevamo fatto in precedenza. Nel complesso abbiamo ancora una volta giocato una partita di gran cuore, di energie per quante ce ne fossero rimaste; abbiamo allargato il campo, giocato bene il pick and roll, ma purtroppo il finale ci è stato fatale in alcune occasione che andavano gestite diversamente e dove abbiamo commesso qualche errore di troppo. Un vero peccato soprattutto per chi era venuto a sostenerci nell’ultima casalinga e che volevamo ripagare con una vittoria».
A conti fatti la Juve finisce nona…
«Credo che sia una grande ricompensa per quello che abbiamo fatto, per quello che ci è successo e quando ci è successo. Di sicuro non dimentichiamo che siamo stati ad una passo o ad un paio di partite dal poter allargare questa veduta di risultato finale, ma visto quello che ci è successo nelle ultime due settimane con gli infortuni di Mavraides e Jonusas e con Farine e Luise che hanno dovuto scendere in campo negli allenamenti, non so come ci saremmo arrivati ai playoff».
Quali le ultime considerazioni?
«Dopo l’ultima partita non servono considerazioni ma ringraziamenti. Non per smanceria, ma perché tutti hanno dato oltre il massimo in situazione a volte oltre il limite. Per tutti intendo l’intero staff medico che ci ha sempre permesso di avere i giocatori a posto l’interop staff tecnico dove comprendo anche Farina che è arrivato in punta di piedi per fare esperienza e che invece ci ha dato una grande mano. Intendo Sergio Luise che ormai dopo tre anni è diventato un vero allenatore e Max Oldoini che in questo campionato è uno dei migliori. L’ultimo, ma non importanza, anzi, a Domenico Papa. E’ grazie a lui che questa squadra è riuscita a rigenerarsi fisicamente ogni volte e trovare sul fondo del barile le energie necessarie per compiere delle vere imprese – continua l’allenatore che è stato acclamato dalla folla durante l’ultima partita di campionato contro Reggio Emilia -. Poi ovviamente il grazie ai giocatori. A Gentile e Jelovac che dall’inizio della stagione sono migliorati tantissimo, alla professionalità e l’esperienza di Mordente, alla grinta di Michelori che ora che non ha più problemi fisici potrà tornare più forte anche la prossima stagione, a Maresca che è stato il collante dentro e fuori dal campo, a Jonusas che fino a che ha retto con la caviglia ci ha dato un grosso contributo e poi Mavraides che è stata una grande sorpresa non solo da giocatore, ma anche come persona. Anche in questo caso lascio alla fine e non per importanza, Luigi Sergio, Marzaioli e Cefarelli che appartengono al basket casertano e che hanno dimostrato di poter esserci anche a questo livello. Non vorrei dimenticare tutta la fascia dirigenziale e quindi Lubrano e tutti gli altri che hanno sempre trovato una soluzione nei momenti di difficoltà».
E Iavazzi?
«Il presidente meriterebbe un capitolo a parte. A lui non vanno ringraziamenti, ma molto di più. Lui rappresenta la continuità e l’amore di questa città per questo sport».
Cosa c’è nel futuro?
«Attualmente niente di niente. C’è chi già mi considerava nuovo allenatore di Cantù o altrove. Ma la verità è che non c’è nessuna trattativa perché sono io che voglio prendermi un periodo di stop, staccare la spina e ripensarci tra un mese. Milano? Un po’ panciuto per lo standard fisico di Armani – conclude il coach canturino che potrebbe terminare qui la sua esperienza all’ombra della Reggia dopo quattro stagioni importanti e ricche di soddisfazioni -. Scherzi a parte, torno a ripetere che non c’è nulla. Per quanto riguarda Caserta, credo che in questo momento non sia Sacripanti il punto importante, ma la società. Poi ci possono essere anche dieci offerte, la prima da ascoltare resta quella di Caserta».