«Per poter pensare di vincere a Sassari dovevamo essere i grado di fare la partita perfetta e non solo per una aperte di gara, ma per tutti i quaranta minuti». Ha subito individuato il punto focale della situazione coach Pino Sacripanti nel commentare la sconfitta di Sassari della propria Juve. La sconfitta che in maniera definitiva spegne ogni tipo di velleità o speranze dei bianconeri di potersi giocare in quaranta minuti l’accesso ai playoff. Un obiettivo a cui tenevano tutti, un obiettivo che avrebbe ripagato di tutte le fatiche fatte in una stagione che non si può nemmeno definire tribolata, visto che sarebbe riduttivo. Un obiettivo che era li a portata di mano dopo il successo di Venezia quando una commovente Juve aveva trovato il modo ed il tempo di tornare a casa dalla ‘laguna’con i due punti in mano, la distanza dalla post season sempre più diminuita e la classica carta da giocarsi in casa in un match, quello del derby, in cui provare il tutto per tutto. Purtroppo il finale della sfida contro gli irpini di Pancotto, non ha certo arriso alla Juve che non solo ha dovuto arrendersi al pick and roll laterale di Hunter e alle triple di Richardson, ma anche a degli episodi esterni, arbitrali – quale l’espulsione di Sacripanti – che hanno lanciato da soli i titoli di coda sul derby con Avellino che ha pareggiato il conto dopo la sconfitta interna di dicembre, ma anche parzialmente sulla possibilità di continuare a correre per la seconda parte di stagione. L’ultima possibilità residua era la vittoria sul difficile campo di Sassari. Una possibilità remota, ma non remotissima anche perché nel girone di andata fu un grandissimo due su due con vittoria al Pala Del Mauro e quella interna al Palamaggiò contro una Dinamo imbrigliata, anch’essa, all’interno della rete difensiva dei bianconeri. Un doppio successo a cui Caserta si è rifatta per questioni scaramantiche e che alla fine si è rilevato l’esatto opposto di quanto accaduto tra dicembre e gennaio scorso. Questa volta sono arrivate due sconfitte consecutive, due ko pesanti, con quello in terra isolana che era diventato un qualcosa più che preventivabile dopo le assenze per condizioni fisiche precarie per tutta la settimana di Jonusas, che però ha avuto il solito lascia passare dallo staff medico, e di Mavraides che invece è stato bloccato fino alla fine da un ginocchio che proprio non ne vuole sapere di rimettersi a posto dopo la sfida con Avellino. Un ko che solo un miracolo cestistico poteva evitare. Un miracolo come ne sono già capitati altri in questa stagione, ma con tutte queste assenze e con tutti i problemi fisici a cui la Caserta ha dovuto far fronte, era quasi impossibile che accadesse. Ed allora la Juve ha retto poco più di un quarto e mezzo prima di accusare i colpi di una squadra che fisicamente è in un momento di crescita e che tecnicamente ha dimostrato di poter avere un’intensità e tecnica tale da poter puntare alla fine del campionato, seppur girando e cambiando parecchio i vari quintetti in campo. Becirovic e Gordon, hanno messo il proprio zampino sull’allungo sassarese che poi ha avuto il classico apporto dalla famiglia Diener che rappresenta e rappresenterà nel futuro prossimo della Dinamo il punto cardine dell’attacco stellare e spettacolare di coach Meo Sacchetti. «Abbiamo fatto due buoni quarti – ha continuato lo stesso Sacripanti in sala stampa nel commentare la sfida contro i sardi – dove abbiamo trovato dei buoni tiri sul lato debole cosi come avevamo preparato in settimana. Purtroppo nell’ultima parte del secondo periodo abbiamo pagato i tanti errori dalla lunga distanza che potevano dare un certo senso alla partita ed abbiamo subito le loro sfuriate che hanno messo subito un largo scarto tra noi e loro. Non siamo riusciti ad alzare le percentuali ed abbiamo continuato a sbagliare anche nel terzo periodo dove, però, non siamo riusciti nemmeno a tenere palla in attacco perdendo palloni sanguinosi che hanno scatenato Sassari in contropiede e regalando punti facili. Se poi a tutto questo ci aggiungiamo una maggiore presenza fisica sotto le plance e nella lotta dei rimbalzi difensivi nostri ed offensivi di Sassari che ha avuto, dunque, tante seconde opportunità, la situazione non è chiara, ma chiarissima. Senza contare che abbiamo pagato a caro presso le condizioni precarie di alcuni giocatori in campo e l’assenza di Mavraides che dopo il colpo al ginocchio nella sfida con Avellino è ancora oggi in forte dubbio anche per l’ultima in casa contro Reggio Emilia».
E vincere l’ultima in casa potrebbe rappresentare il miglior modo di congedare una stagione difficile…
«Vogliamo chiudere in bellezza questa stagione, vogliamo regalare un ultimo successo ai nostri tifosi e provare a tirare la linea conclusiva con il sorriso sulle labbra. Per quanto riguarda la stagione, penso che ci mancava solo uno tsunami e poi abbiamo visto di tutto. Da giocatori che sono andati via a proprietà che sembrava dover cambiare tutto dopo tanti mesi di difficoltà economico-finanziarie e che poi si è rilevato un bluff fino ad arrivare ai problemi fisici che ci hanno attanagliato in questa ultima parte. Ma credo che tutto sommato questa stagione sia stata la più produttiva dal punto di vista personale. Sono cresciuto tanto non solo professionalmente ma anche personalmente. Tutti in questo anno abbiamo imparato a non demoralizzarci, ma ad usare le difficoltà come stimolo per fare sempre meglio e farlo a volte anche con il sorriso sulle labbra, anche perché non abbiamo mai avuto il tempo di pensare alla sconfitta precedente, considerando che di fronte a tante difficoltà dovevamo immediatamente resettare la mente e guardare avanti. Ecco perché i playoff rappresentavano il giusto regalo e premio per un gruppo che ha dimostrato di crederci fino alla fine».