L’allenamento di giovedì, quello del 25 di aprile, poteva essere quello della liberazione mentale da un peso che durava da tanto tempo: quello del doppio successo in questo campionato da quando la Juve ha rimesso piede nel Gotha del Basket di Terra di Lavoro. Un doppio successo che non è mai arrivato, cosi come non era mai arrivato il successo in terra irpina fino al 30 di dicembre scorso che sembrava aver cambiato il corso delle cose. Ed invece, il trend più o meno è stato lo stesso con solo i luoghi degli avvenimenti invertiti: vittoria della Juve ad Avellino e sconfitta casalinga dove, invece, il club di Pezza delle Noci ha sempre provato a rimediare il rimediabile. Un qualcosa che la truppa di Sacripanti voleva e forse poteva provare a fare anche nell’ultima uscita di campionato ed anche di fronte ad una situazione di punteggio e di inerzia del match non propriamente nelle proprie mani, tanto per usare un eufemismo. Ma il susseguirsi degli eventi, in gran parte non dipendenti dagli attori protagonisti in campo o almeno non da quelli che indossavano canotta e pantaloncini, ha rinviato ancora una volta il tutto. Ha il doppio successo casertano in un derby campano con Avellino, ha rinviato la gioia di un aggancio a Venezia che intanto nell’ultima partita aveva perso di un soffio a Siena, ma soprattutto rinviato quel sogno, quel nuovo sogno che ormai pervade l’animo e la mente di tutti gli addetti ai lavori che di rassegnarsi proprio non ne vogliono sapere. La dimostrazione, infatti, è stato proprio la giornata di sessione di lavoro del giovedì. In un giorno di festa e con dei presenti sugli spalti a guardare il tutto infondendo quella voglia di non mollare e di provarci fino alla fine che già è parte proprio dei bianconeri, la Juve ha affrontate le fatiche giornaliere con l’animo di chi ha ancora qualcosa da conquistare, con la giusta intensità, con la giusta voglia di capire ancora una volta come provare a fermare il prossimo avversario e come provare a rimediare ad un passo falso interno che poteva costare la non presenza del timoniere canturino scongiurata, poi, dalla decisione della giudicante della riduzione e commutazione in ammenda delle due giornate di squalifiche. La matematica non condanna ancora nessuno. Non condanna Caserta, non Condanna Venezia, ma soprattutto non condanna Avellino. Le ultime due formazioni, inoltre, potrebbero essere l’aiuto celestiale o meno per continuare a sperare, fermo restando che prima di guardare al risultato del Pala del Mauro, bisognerà uscire dal Serradimigni, con il bottino pieno tra le mai. Già perché le velleità di rimonta degli irpini sono aumentate a dismisura proprio con la vittoria al Palamaggiò di domenica scorsa, riducendo in un sol colpo sia il distacco da Caserta che da Venezia che ora sente il fiato sul collo di tutto il basket campano. Le due contendenti, poi, saranno proprio una di fronte all’altra nella sfida di Avellino che sancirà se alla fine dei 40’, che si giocheranno in contemporanea, la strada sarà ancora percorribile oppure no. Una strada lunga la quale, però, la Juve si ritroverà ad attraversare un casello importante: quello appunto sassarese. Un casello che nell’ultimo mese ha cambiato faccia, ha effettuato dei lavori di ristrutturazione per problemi ad una sbarra che continuava ad alzarsi facendo passare gli avversari invece di restare chiusa e costringere gli stessi avversari a passare oltre per strade alternative e più lunghe. Un cambio faccia rappresentato dall’arrivo di due giocatori di grandissimo livello e che hanno allungate le rotazioni e la qualità delle stesse con l’arrivo di Becirovic e Gordon, permettendo a coach Sacchetti prima di tutto di non perdere qualità nella girandola di cambi, ma soprattutto di dare minuti, durante il match, di riposo fondamentali al trio composto dalla ‘famiglia’ Diener e Thorton. Minuti che di sicuro torneranno utili nei finali di match in termini di lucidità, freschezza e quel tiro dalla lunga distanza che rappresenta la croce e delizia di una squadra tra le prime del campionato. Anche a Caserta le percentuali dal campo furono l’elemento determinante della sconfitta sassarese, la croce della Dinamo e la delizia della Juve. Ed è proprio a quella sfida, è proprio a quella serata, ma anche a quella di Cantù, a quella contro Brindisi, a quella contro un fenomeno come Lakovic o quella contro Siena, che la Juve fa affidamento. Non importa quanto talento abbia l’altra squadra, se la Juve entra all’interno di uno status di un ‘mode’ di gioco simile a quello delle partite elencate, di sicuro il successo facile degli avversari non è assicurato. Non è assicurato il successo giusto perché come nel derby, alcuni episodi possono compromettere l’intero lavoro come variabili impazzite. Ed allora basta la consapevolezza e quell’arroganza di sapere di averli già battuti, di esserci già riusciti e che lo si può fare ancora per due motivi: vendicare il derby e prendersi quello che loro spetta: i playoff. «Il liet motive di queste grandi partite è sempre lo stesso – ha commentato in settimana Stevan Jelovac ai media casertani – quello di dare tutto quello che abbiamo in quaranta minuti senza risparmiarci. Il cuore, la grinta, la determinazione e la voglia di raggiungere questi playoff, sono stati un elemento determinanti fino a questo momento e continueranno ad esserlo anche in un match fondamentale come quello contro Sassari. Certo non sarà facile uscire dal campo con la vittoria in mano, ma se giochiamo determinati, organizzati e concentrati fino alla sirena finale in difesa e limitando i loro tiratori sul perimetro, possiamo farcela. Tra l’altro l’abbiamo già fatto nel girone di andata e non vedo perché non potremmo farlo in questo scorcio ultimo di stagione. Da quella partita siamo cresciuti sia come squadra che come gruppo, ora le avversità non ci spaventano se giochiamo tutti assieme e con la determinazione giusta».