Il derby campano si tinge di biancoverde, ma Caserta è… verde di rabbia per quanto visto. Ai ‘punti’ avrebbe meritato la Juve autrice di trenta minuti eccellenti per difesa, grinta, coraggio e dedizione. Ma le partite durano 40′ e gli ultimi 10′ sono stati tutti di marca Scandone con Hunter, silenzioso e chirurgico, in evidenza ad armare il braccio di Ivanov (bravo quanto il fratello), Richardson (che di talento ne ha tantissimo ed ha cancellato l’errore dell’andata) e Lakovic (non c’è bisogno di dire nulla, basta vedere il primo quarto di debordante classe dello sloveno). Avellino ha avuto il merito di restare in scia quando faticava e di piazzare la zampata vincente nel quarto conclusivo quando la Juve, sulle gambe e poco lucida, ha smesso di seguire il piano partita ed è andata avanti alla ‘garibaldina’. Una Juve nuovamente dal cuore grande: il break del secondo quarto è stato fatto con Marzaioli e Cefarelli (bentornato Dario) sul legno a marcare gente come Lakovic e Johnson. Insomma, era stato messo in piedi un nuovo capolavoro tattico. Negli occhi del day after, però, c’è ancora la sagoma arancionera di Taurino che, sbagliando, è passato agli onori della cronaca con l’espulsione a Sacripanti al 38′. Avellino avrebbe vinto comunque, era in pieno controllo, ma quella decisione resta una macchia su un derby caldo. La favola bianconera ha un brusco risveglio; non è ancora finita, ma il graffio del lupo ha fatto male. Tanto male.
L’ERRORE DI TAURINO. Non è stata una rapina come hanno urlato molti tifosi bianconeri, ne Avellino si è comprata la partita. Premessa doverosa prima di analizzare alcune scelte discutibili del signor Taurino (gli altri due hanno sbagliato da un lato e dall’altro senza incidere sul match). Taurino ha sanzionato un tecnico a Mordente che protestava in panchina: troppo fiscale. Poi ha, più volte, richiamato Sacripanti fino a quel minuto 38′. Dopo l’ennesima chiamata dubbia, Sacripanti ha sbottato e si è preso un tecnico. Poi la reazione veemente e, lì, Taurino non poteva fare altrimenti se non cacciare il coach. Nel complesso a me non e’ piaciuta una cosa specifica, oltre all’atteggiamento poco atto al dialogo: tiro di Marzaioli e fallo netto di Lakovic (simil Mazzarino a Cantu’) non fischiato, vai di la fallo netto di Gentile su Lakovic… tre liberi. Ecco, quando ci sono due metri diversi di giudizio, non va mai bene. E quando una partita verrà ricordata per colpa di un arbitro, non va mai bene. Avellino avrebbe comunque vinto, nella storia resteranno le chiamate discutibili di Taurino.
CASI CONTESTATI. Sulla mia pagina Facebook, i tifosi si sono scatenati nel post gara. Analizzo alcuni casi: Jelovac ha fatto passi, ma era da solo ed, in questo caso, per me era meglio fare all’americana (non ha tratto vantaggio quindi lascia correre). Libero sbagliato: il fischio è partito 5 secondi prima ma nel frastuono non si sentiva, giusto ribattere. Tecnico a Mordente: troppo severo, se fischi quello ne fischi 100 a partita per tutte le persone che si alzano dalla panchina per protestare. Liberi dopo canestro: hanno fischiato fallo a Jonusas a rimbalzo, a norma di regolamento ci sta, ma nn so se era fallo. Quarto di Michelori non me lo ricordo. Merito ad Avellino per aver giocato un quarto periodo splendido con Lakovic (marziano), Hunter ed Ivanov sugli scudi (pesanti le bombe di Richardson comunque). Caserta era alle corde, resto dell’idea che avrebbe perso lo stesso senza lo spettacolo di Taurino. Veramente un peccato aver rovinato così la partita.
SACRIPANTI KO. Il danno e la beffa: espulso dal campo e squalificato per due turni senza ammenda. Qualora ci fosse ricorso, potrebbero togliere una giornata e dare un’ammenda per andare in panchina a Sassari, ma la vedo difficile. Resta l’amarezza di un coach che, per la prima volta da quando è a Caserta, ha perso le staffe. Era stato espulso una sola volta in carriera: Varese-Cantù, lui sul pino canturino viene centrato da uno sputo. S’incazza e becca l’espulsione. Diciamo che i derby li vive in modo caliente.
IL COLORE DEL DERBY. Il derby è sempre il derby ed, ormai, Caserta contro Avellino è diventata una classica. Una classica motivata anche dall’antipatia tra le due tifoserie; ieri c’è stato il solito caloroso e rumoroso flusso di sostenitori irpini. In trecento sono arrivati da Avellino per essere al fianco dei propri beniamini; in trecento hanno riempito totalmente il settore ospiti dove non sarebbe entrato neanche uno spillo. Un coro incessante e continuo mentre la curva Ancilotto si è difesa benissimo con tanto di fumogeni e compatezza. Durante la partita è stato esposto lo striscione “E’ sempre una questione di stile c’è chi è nato ultras e chi è nato vile. Of a Benevento dove eravate?”. Compatto il palazzetto con le tribune scatenate (esposto lo striscione ‘Sacripanti forever’) e la curva 4 stelle che ha esposto il simbolo della Juve nel pregara oltre ad uno striscione ‘immensi’. Alla fine sono 3728 gli spettatori per 27.807 euro d’incasso: ottimi numeri di questi tempi. Peccato per il rovente finale della sfida: subito dopo l’espulsione di coach Sacripanti, è esploso il Palamaggiò. Prima un fitto lancio di carte in campo, poi qualche monetina ed infine, nel parterre centrale, anche la caduta delle barriere divisorie dopo la ‘carica’ di alcuni tifosi. Male anche dopo la sirena con qualche scaramuccia tra le due tifoserie ma niente di particolarmente rilevante. Comunque un finale brutto per una partita caldissima sugli spalti ma mai oltre il limite del consentito.
VERITA’. Adesso la strada verso i playoff è dannatamente in salita: Venezia è affondata a Siena ed ora rischia seriamente anche ad Avellino, all’ultima riceve Varese che, presumibilmente, sarà già prima matematicamente. Avevo ipotizzato un 1-3 e ci sta. Caserta ha perso l’occasione d’oro dell’aggancio ed ora deve vincere a Sassari (ancora in corsa per il primo posto) altrimenti sarà comunque eliminata. Avellino deve battere Venezia in casa e poi aspettare l’ultima. Peccato, era una chance incredibile ed è stata sprecata. Ma, comunque, nulla di catastrofica: l’orgoglio di vedere questi ragazzi in campo resta altissimo. Ancora una volta, però, Caserta ha l’occasione di rialzarsi: durissima ma al Serradimigni tutto è possibile.