Un motivo in più per festeggiare, un motivo in più per trascorrere il giorno successivo alla vittoria contro Sassari con un sorriso largo quanto il Grand Kenyon stampato sulla bocca. Trentaquattro anni e non sentirli. Sarà stato sicuramente questo il motto principale di Marco Mordente che oggi ha festeggiato il suo compleanno con la consapevolezza di essere definitivamente entrato all’interno della storia e degli annali di questo sport. Già perché mettendo da parte quello che l’ex Milano sta producendo in questa stagione con la maglia della Juve (ma che riprenderemo ndr), i suoi quattordici punti contro Sassari, hanno fatto scattare i led di un immenso tabellone luminoso rappresentante una sola cifra: 3000.
Tremila punti in carriera ed il tutto senza contare il numero di volte in cui il suo nome ed il suo numero è finito sul referto di una gara internazionale con la maglia azzurra della Nazionale. Una carriera iniziata nel 1996 con la maglia della Stefanel Milano quando era troppo giovane per poter essere già determinante e che in molti pensavano fosse finita se non lo scorso anno a Roma, in questa stagione a Caserta quando in estate in tanti avevano non discutevano il talento assoluto di un vero campione, ma l’incidenza di un giocatore che ormai aveva raggiunto un certo numero di primavere tali da non poterlo più considerare un ‘top player’. Ed invece l’animo del guerriero non si è perso nemmeno quando nel pre-campionato i propri tiri finivano corti sul primo ferro. Non si è perso d’animo quando ha dovuto affrontare per la prima volta negli ultimi anni una vera e propria preparazione atletica per lui che in estate era abituato a continuare su alti standard di agonismo. Mai toccato o scalfito nella sua forza mentale quando coach Sacripanti gli ha chiesto di prendere le redini del gioco in mano e trascorrere gran parte del suo tempo in campo da playmaker che da shooting guard consumando energie per portare avanti la palla, gestire i compagni e metterci anche punti. D’altronde l’ordine è sempre stata una sua fissazione da sempre. Una sorta di coach in campo, un leader nato e grazie al quale Jelovac ha ritrovato personalità e tranquillità che gli ha fatto girare la stagione. Già perché lui ha sempre una parola o un consiglio per tutti, ma solo per il semplice motivo che da quando ha messo piede in campo ne ha viste di cotte e di crude. Lo dimostrano le 462 partite giocate in Italia con 6,8 punti di media in 21 giri di lancette ad allacciata di scarpa. Di minuti a Caserta ne gioca 27, di punti ne segna 10,9 (miglior media dopo i 12,5 di Reggio Emilia) compresi quelli che forse ricorderà per sempre: i 14 per completare l’opera dei 3000 complessivi