Uno dei primi freddi di novembre, temperature a picco in pochissimo tempo e tanta differenza tra l’interno e l’esterno. Il tutto genera un fenomeno che nel corso degli ultimi anni non si era mai visto a pezza delle Noci, come la condensa. Una cosa normale nella settimana di avvicinamento alla sfida con la capolista della Cimberio Varese ancora imbattuta al momento di arrivare all’ombra della Reggia e puntualmente, per lo staff tecnico che aveva avuto modo di conviverci per tutta la settimana (lo stesso Sacripanti in conferenza stampa alla fine della sfida con la squadra di Vitucci, ha messo in evidenza questa situazione poco piacevole per chi nonostante non sia in una pista e con quattro ruote, ha bisogno di una certa aderenza al rettangolo di gioco per esprimersi e muoversi al meglio ndr) ed inaspettatamente, per il pubblico, si presentò anche nel giorno della partita. Se ne accorse immediatamente Chatfield che ebbe il tempo di giocare l’azione della palla a due, un’altra al massimo dopo i primi tiri, prima di finire disteso lungo per terra davanti proprio agli occhi di coach Pino Sacripanti e della panchina solita bianconera, scivolando mentre correva sui blocchi. Due minuti, un tiro sbagliato, una caduta e dritto negli spogliatoi per i primi accertamenti del caso. Questi furono gli ultimi momenti di Eric Chatfield e l’ultima partita giocata dal newyorkese in maglia Juvecaserta nella sua sfortunata avventura casertana (anche qualche infortunio di troppo come quello a Trani ndr). Ma l’infortunio non fu l’unico motivo dell’addio del capocannoniere del campionato francese. La situazione economica poco chiara della società bianconera ed un’offerta al limite dell’irrinunciabile in Libano hanno fatto il resto e dopo Wise, la cui ultima partita è arrivata invece arrivò a Biella quando – spiegato da Sacripanti – non volle più entrare nel quarto periodo ed una via crucis per metterlo in campo dopo i tanti problemi tra caviglia e ginocchio, Caserta e la Juve si ritrova senza i due americani. Per tanti poteva essere l’inizio della fine, soprattutto se a tutto questo ci si aggiunge il momento precedentemente accennato e riguardante la situazione economica e societaria fatta di dichiarazioni di Caputo da una parta e conferenza stampa di Gervasio dall’altra, per parlare di spettanze, soldi mancanti e quant’altro. Un orlo del baratro che si allargava a vista d’occhio e sul quale i bianconeri si sono fermati in tempo mostrando professionalità, cuore, attaccamento alla squadra e quindi compagni e staff tecnico, ed orgoglio personale. Tutte caratteristiche che vanno sottolineate particolarmente per quanto riguarda il gruppo degli italiani: Maresca, Gentile, Michelori e poi lui, il leader, il ‘capo della rivolta bianconera’, colui che in un mese e mezzo ha fatto il gregario e la stella americana nella stessa partita e forse anche nella stessa azione: marco Mordente. Di sicuro di situazioni difficili l’ex Treviso e Milano e natio d Teramo, ne ha viste e riviste durante la sua lunga carriera e dunque non poteva che essere lui il faro per un qualcosa che ancora oggi può avere dell’inverosimile. Quattordici punti nella vittoria contro Bologna, 11 in quella a Siena dove fino a che le forze personali e quelle dei compagni hanno retto Caserta è stata a stretto contatto con i padroni di casa, 12 in quel di Pesaro, ancora 11 nella entusiasmante vittoria all’overtime contro Cantù e 13 nell’ultimo miracolo sfiorato in quel di Brindisi. Mai sotto la doppia cifra dall’inizio di novembre, ma soprattutto mai al di sotto di quella soglia di ledersi che ha fatto salire di colpi non solo se stesso, ma anche i comap0gni di squadra. Ne sa qualcosa Gentile che in una conferenza stampa post partita ringraziò lo stesso Mordente per l’aiuto che gli aveva dato, ma soprattutto Jelovac che è il giocatore a cui l’ex Milano rivolge la sua maggior parte di consigli anche se a volte sottoforma di punzecchiature per tirare fuori il meglio del lungo serbo. E’ stato lui, dunque, a fare quadrato prima fra gli italiani, ma soprattutto a trascinar all’interno di questo quadrato anche il resto della squadra, anche il resto dei compagni per un motivo semplice: essere un tutt’uno. Essere un gruppo forte e con il quale andare oltre qualsiasi ostacolo, insomma il pezzo forte della salvezza della scorsa stagione.