Juve, tutto l’orgoglio di coach Sacripanti



Coach Sacripanti (Foto Giuseppe Melone)

«Nella nostra vittoria di Pesaro siamo stati aiutati dal pubblico di casa che dal momento in cui abbiamo messo la testa avanti nel match ha iniziato a fischiare i propri giocatori e quindi questo ci ha fatto andare via lisci fino alla fine,. Contro Cantù, invece, abbiamo avuto non un uomo ma due in mezzo al campo che ci hanno aiutati a vincere questa partita e rappresentati dal pubblico del Palamaggiò. Quando ci sono queste partite cosi sentite, quando c’è quel calore e quell’incitamento dagli spalti, poi in campo quando sei affaticato non pensi più a niente, ma solo a portare a casa il risultato e gioire alla fine con tutto il palazzo». Non è stata certo la prima dichiarazione, dal momento che come è solito fare il timoniere canturino, la prima è dedicata all’analisi tecnica della sfida o della vittoria o sconfitta di serata. Ma di sicuro la più significativa per un rapporto, per un feeling ritrovato quasi magicamente tra squadra e Palamaggiò che ha fatto tornare la memoria indietro nel tempo. Un ardore generale (anche in termini di presenze) riportato in vita da una rivalità storica ed una voglia di iniziare il mese di dicembre nel migliore dei modi e con la soddisfazione di essere ancora Davide che batte Golia, ma soprattutto da un cuore ed attributi che innegabilmente questa squadra ha dimostrato di avere nelle ultime settimane o se vogliamo, nel bene e nel male, a partire da quando i problemi sono iniziati a degenerare sotto forma di addii e dichiarazioni su una situazione societaria che ha distratto gli occhi di tutti dal ‘campo’ per un bel po’ di tempo. «Sono contento di quanto si è visto, ma soprattutto sentito durante il match – ha continuato lo stesso Sacripanti – perché vuol dire che il pubblico finalmente ha riposto in questa squadra, nonostante tutte le sventure, tutta la sua fiducia per quello che possono fare in campo. Sono contento perché dall’inizio di questa fiducia ce ne è stata non tantissima, siamo stati a volte anche massacrati, ma alla fine abbiamo dimostrato che con il lavoro la squadra può fare delle buone cose e trovare la propria identità. Forse tutte queste sventure e tutto quello che ci è successo in questo periodo, ci è servito più del dovuto, visto che ognuno dei ragazzi ha preso coscienza della propria forza e dei propri mezzi facendo dei passi in avanti importanti».

E la vittoria con Cantù ne è la dimostrazione…



«E’ innegabile che siamo migliorati. Siamo cresciuti prima di tutto dal punto di vista della difesa dove siamo più concreti, più pronti ad aiutarci e leggere delle situazioni che in precedenza ci penalizzavano. Questo è il nostro punto di forza attuale, anche se in attacco stiamo facendo bene. Riusciamo quasi sempre ad andare dove vogliamo all’interno dei nostri giochi e questo nostro essere ordinati, credo che sia stato importantissimo per il successo contro Cantù. Non a caso mi sono molto arrabbiato quando sono arrivati un paio di tiri frettolosi dalla transizione, visto che potevano aprire il loro contropiede ed essere per noi deleteri, considerando che nel nostro ordine generale abbiamo contenuto questo aspetto di Cantù. Con Pesaro abbiamo conquistati due punti importanti, con Cantù abbiamo fatto un vero colpo con punti pesanti. Siamo al 50% dopo 10 giornate e la storia dice che in generale con il 50% si lotta tra il settimo ed il nono posto e cioè Final Eight o playoff e di questa cosa ne siamo felicissimi».

I cambi veloci e repentini, poi, stanno dando i propri frutti in termini di energia?

«Ci stiamo abituano anche a questo. Cambiamo spesso e volentieri gli uomini in campo per arrivare alla parte finale della partita un tantino più freschi di quanto è accaduto in passato. Siamo in sette e dobbiamo trovare il modo per risparmiare anche quel piccolo granello di forze che poi ci permetta nel finale di tenere la lucidità giusta per portare a casa la partita».

Difesa, gruppo, ma poi guardi la partita e ci sono soprattutto le individualità…

«Indubbiamente. Come dicevo in precedenza, giocando di squadra arriviamo ai nostri obiettivi all’interno dei giochi, ma poi servono anche dei colpi individuali come quelli di Gentile o Jelovac che in momenti differenti hanno fatto la differenza. Situazioni che ripeto dimostrano come questa squadra stia crescendo di volta in volta con il lavoro, ma soprattutto nella consapevolezza dei propri mezzi e del proprio valore».


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