Stavolta sul palcoscenico Mediolanum Forum d’Assago la Juvecaserta ha giocato un mero ruolo di comparsa, opponendo non certo una strenue resistenza ad un’Armani troppo superiore e convinta dei propri mezzi. La Juve, invece, di mezzi domenica sera ne aveva pochi. Squadra tutta nuova, ancora da rodare e con la mancanza di un tesseramento importante. Nonostante tutto, chi è sceso in campo in canotta bianconera avrebbe potuto fare di più: il -26 finale è sintomo di una prestazione assolutamente rivedibile. Insomma, a Milano non è arrivata certo un’iniezione di fiducia per i casertani, anche se il campionato è appena iniziato e non mancherà l’occasione di ridestarsi, magari con il roster al completo. Venendo ai numeri, la differenza più grande la notiamo al tiro dalla lunga distanza, dove gli uomini di Pino Sacripanti hanno faticato davvero troppo, infilando appena tre triple su ben 16 tentativi…quando si dice “sparare a salve”. Dall’altro lato l’EA7 ha vestito i panni dell’adeguata padrona di casa, conoscitrice dei ferri domestici che hanno accolto il 47% delle conclusioni effettuate da oltre l’arco (9/19). Tiri ben presi quelli dei biancorossi che anche da due hanno fatto molto bene, perfezionando un discreto 63%, a dispetto del 52% dei bianconeri. Michelori e soci hanno fatto meglio degli avversari soltanto dalla linea della carità, grazie ad un ottimo 20/23 (87%), mentre Milano ha siglato 10 liberi su 13. Tra le fila casertane i numeri offensivi migliori sono risultati quelli di Eric Chatfield, autore di 16 punti, ma anche di un pessimo 0/5 da oltre l’arco dei sei metri e settantacinque, dove, come abbiamo detto, Caserta non ha certo brillato. Se le 15 palle perse dal team bianconero eguagliano perfettamente quelle degli uomini di Scariolo, va invece evidenziata la supremazia meneghina sotto le plance con 31 rimbalzi catturati contro i 25 della Juve. In chiusura il dato più emblematico, quello che riassume sostanzialmente la netta sconfitta rimediata dal team di Terra di Lavoro: 103-58, la valutazione conclusiva in favore dell’EA7, una differenza numerica che lascia davvero poco spazio all’immaginazione.
Pio Carfora