Si riparte dalla storia sia essa recente o passata. Quattro anni di massima serie del basket tricolore e già la Juve può mettere assieme a quelli gloriosi – infatti – ricordi, sensazioni e perché no anche soddisfazioni del recente passato. Certo il tutto non ha quel sapore particolare del tricolore, dell’essere stata, ancora oggi, l’unica formazione del Sud Italia a portare a casa lo scudetto ed aver spezzato quell’egemonia del basket settentrionale e perché no del basket milanese che allora come oggi era la squadra da battere. Ancor di più dopo il mezzo passo indietro della Montepaschi dal punto di vista economico e l’addio di Pianigiani ed una squadra, che almeno sulla carta, non ha quel tono di super potenza. Lo stesso tono che in un amen si è trasferito ai piedi della ‘Madunina’ e che sarà posto sul piatto della bilancia ogni qual volta si parlerà dell’andamento della stagione delle ‘scarpette rosse’. Ma il cambio di rotta, il cambio del vento che ora sembra gonfiare le vele milanesi anziché quella senesi, non è certo un qualcosa che preoccupa il team di coach Sacripanti e per un semplice motivo. Sin dal festeggiamento della prima palla a due contro Milano del primo anno dopo 14 anni di purgatorio, quello affrontato qualche riga sopra, è sempre stato un discorso che rapportato alla Juve non aveva tanta valenza. Da quando ha rimesso piede nel Gotha del Basket tricolore, la Juve è sempre stata nella situazione di dover guardare tutti dal basso verso l’alto a prescindere se al vertice di quell’alto ci fosse stato il nome della Mensana, di Milano o qualsiasi altra pretendente al titolo. E’ stato cosi persino nell’anno in cui il nome Olimpia Milano ha avuto un sapore agrodolce, un mix di soddisfazioni, sensazioni e di piccoli dispiaceri, insomma una sorta di croce e delizia. La delizia di essere arrivati ad un passo dal compiere un qualcosa di epico, la delizia dell’essere arrivati ad affrontare una corazzata come quella milanese di Piero Bucchi con il piglio di chi durante i playoff aveva acquisito il piglio della grande squadra, la delizia di aver vinto la gara3 più emozionante degli ultimi anni con quella tripla di Jumaine Jones che ancora riecheggia tra i pensieri di ogni singolo aficionados di terra di lavoro. Ma anche la croce di averne persa una in casa che avrebbe significato aver messo ancora una volta una croce su Milano, anche se non valevole per lo scudetto. La croce di una gara5 dove la Juve fece il possibile per provarci fino in fondo; la stessa Juve che rianimò negli animi dei tifosi, che il tap in dell’anno precedente di Slay allo scadere alla terza giornata, non era un qualcosa da paragonare all’allineamento dei pianeti, ma una possibilità legata anche alla modernità del basket quanto la vittoria dello scorso anno a Siena o in casa con la stessa Milano di Gallinari da parte di una squadra che dall’altra parte dell’oceano verrebbe definita ‘underdog’. E da quel concetto di squadra sfavorita contro la corazzata, da quel concetto di Davide contro Golia, che Caserta riparte anche quest’anno. Un concetto che elimina dal groppone di Wise e compagni almeno una componente: quella di dover vincere per forza. Una pressione, che invece è tutta sulle spalle dei padroni di casa perché si gioca al Forum, ma soprattutto perché quella che tutti si aspettano da questa Armani è che metta in scena una stagione stile schiacciasassi senese. Una pressione che alleggerirà il peso di essere arrivati a Milano con una condizione non ottimale, ma comunque tale da poterci provare fino in fondo e sfruttare l’elemento sorpresa. Tutti si aspettano una sconfitta, i meno pessimisti una sconfitta decorosa, mentre solo i romantici si aspettano che navigando nelle acque basse dell’anonimato e sfruttando il peso che al contrario sarà posto sulle spalle dei biancorossi, si aspettano che nomi come Hairston, Bouroussis, Fotsis, Hendrix, Langford, Melli, Gentile o ancora Basile, Stipcevic e via dicendo, possano essere iscritti all’interno delle pagine delle vittime illustri di una squadra che con il cuore ha parecchie volte superato l’ostacolo, persino quello che a prima vista sembrava impossibile solo a pensarlo.