Mandato in pensione ‘Colore e Calore’ con la chiusura dell’Inferno Bianconero (sempre onore a loro), mi sembra giusto rispolverare una rubrica che, ai tempi di Interno18, ebbe un buonissimo riscontro di contatti. Ritorna, dunque, ‘Tutta la verità, nient’altro che la verità’, l’approfondimento in cui cercherò di essere, come da titolo, quanto più sincero possibile, senza filtri, senza fare il difensore di questo o quello. Se qualcosa non va, lo scriverò. Si parte, dunque, dal Trofeo Galeo dove la Juve ha conquistato una vittoria con Roma ed ha alzato bandiera bianca, dopo un overtime, contro Avellino. Che novità eh. Bilancio pari, non frega niente a nessuno dei risultati di questi tempi, ma interessa vedere come la squadra sia in crescita. Avendola vista sempre, eccezion fatta per il Memorial Pentassuglia contro Brindisi (e meno male, visto che ammirare una batosta con 44 punti di scarto non mi avrebbe certo fatto piacere), posso dire chiaramente che inizia a vedersi qualcosa di buono. Il tempo che ci separa dall’opening day contro Milano non è tanto, ma neanche poco. C’è da lavorare, tanto in alcuni elementi, ma la strada tracciata mi piace. E poi, come dice giustamente Vittorio Maione (general manager di Galeo Energy) questa squadra è da playoff. Senza tanti giri di parole.
GALEO, CHE ENERGIA. E’ merito solo del main sponsor se, nella ‘due giorni’ casertana, si sono viste quasi 5mila persone sugli spalti di Pezza delle Noci (sommando sabato e domenica ovviamente). L’ingresso gratuito ha aiutato i ‘meno innamorati’ a farsi una passeggiata al Palamaggiò. I numeri sono buoni, si poteva fare di meglio, ma teniamoci queste persone. Questo è, poi sulla competenza faccio un appunto più avanti.
LA CONDIZIONE FISICA. In ritardo ci sono Akindele (logico, è quello con meno allenamenti nelle gambe), Mordente e Michelori. Sugli ultimi due influisce sicuramente l’età. Se a Trani era andato veramente bene, al Palamaggiò ha fatto un passo indietro: parlo di Mordente che, però, ha fatto capire quanto prezioso possa essere. Cerca ed accentua sempre il contatto, guadagna valanghe di liberi, usa il mestiere in difesa; insomma, è un giocatore ancora prezioso. Per Michelori il giudizio è sospeso: poca reattività, gambe anche dure, poco visibile quel movimento di ‘show difensivo’ che è il marchio di fabbrica del papà della biondissima Camilla. Gli altri, invece, benone coi picchi di Jelovac contro Roma e di Jonusas nella finale con Avellino.
L’OVAZIONE. E’ tutta per Pino Sacripanti, giustamente. Standing ovation del Palamaggiò, cinque minuti di applausi, quando il coach canturino è stato presentato sabato sera. Caserta si fida ciecamente di lui, lui ha dimostrato di meritarsi questo affetto. Il matrimonio è forte, solido, almeno c’è uno straccio di programmazione.
WISE SI, WISE NO. Resta, va via, è tagliato, è la stella, è una pippa (pure questo si è detto paragonandolo a Butler, ma scherziamo? Mah). Nic Wise, in questo mese, ha occupato tutte le dicerie e le voci del popolo bianconero. Ha giocato quattro partite su sette (senza contare i 2′ di Brindisi dove si scavigliò). Nel weekend casertano è stato in campo, quasi, 30′ a partita. Onestamente se non sapessimo dei problemi al ginocchio (congeniti e li avrebbe avuti anche se avesse fatto il cameriere da KFC) non avremmo detto che è un giocatore a rischio taglio. Ora cosa fare? Ci vuole un contratto con delle clausole: se Wise accetta, allora si va avanti, altrimenti bisogna prendere la fatidica decisione. La società farà quel che Sacripanti deciderà. Ed è già una garanzia per stare tutti sereni. Intanto Dominici Giovanni, così all’anagrafe di Houston, ha già fatto vedere che giocatore è: ottimo nell’1vs1, buona mano oltre l’arco, ama scaricare negli angoli (ed in questa Juve serve un play passatore e non un realizzatore stile Collins), buonissima visione di gioco. Ma qualcuno ha notato come blitza sul pick ‘n roll alto? Ah alcuni non hanno capito quel che ho detto? Ma come, Caserta non è città di basket? Intanto, l’ho detto sulla mia pagina Facebook e lo ribadisco qui: io sto con Nic.
LA DIFFERENZA TRA ME E TE. E’ che Caserta non è così tanto ‘città di basket’. Lo dicono i numeri in calo negli abbonamenti e nelle presenze al palazzetto. Lo dicono le parole al vento che rendono, a volte, pesante l’aria al Palamaggiò. Capisco il tifoso che si sbilancia e spara sentenze, è tifoso e va bene così, ma sentire certe castronerie anche dagli addetti ai lavori mi fa riflettere. Ora io passerò pure per presuntuoso, ma il basket parlato non è per tutti. Facciamo un esame d’ammissione anche in questo? Tanto, ormai, in Italia basta per poco per prendersi un titolo. Facciamo un esame sulla conoscenza del gioco. Io penso di passarlo senza neanche studiare (anche se il mio curriculum scolastico aveva, come media, il numero di canotta di Allen Iverson). Ma il gioco lo conosco. Quindi, calma e sangue freddo. Azionare il cervello prima di sparare boiate. Ok, sono presuntuoso io, ma questa è storia vecchia. Intanto sfatiamo il mito: Caserta non è più città di basket.
LA VERITA’. La squadra è costruita con un criterio logico. Ci sono giocatori che si incastrano bene gli uni con gli altri ma, non stiamo sulla Playstation, quindi deve parlare il legno. Il filo logico è visibile, alcuni schemi sono già una garanzia. Non ci sarà tantissimo talento, non ci sarà esplosività fisica, ma c’è gente che ha fame e voglia. Ci sono giocatori che hanno una posizione definita nello scacchiere di Sacripanti. Non voglio fare pronostici, ma sono d’accordo con Maione. Questa squadra, sfiga a parte, è da playoff.