Ventidue trasferte a Bologna in casa Virtus e solo tre vittorie per la Juvecaserta. Bilancio nettamente a favore dei felsinei che in sole tre volte si sono dovuti arrendere ai bianconeri campani. Resterà memorabile quella del 31 ottobre 1993 quando l’allora Onyx sbancò Piazza Azzarita. Gara sempre punto a punto, interpretata magistralmente dagli uomini di Ranko Zeravica. Protagonista del 93-97 finale fu Claudio Bonaccorsi, capace di mandare in tilt Moretti e Brunamonti crivellando la retina virtussina con tre bombe (l’ultima decisiva) e 7/7 da due. Il play livornese ricorda perfettamente quell’incontro e tornando all’autunno di quell’anno sembra rivivere attimo per attimo quel trionfo. “Fu indubbiamente la più bella partita di quell’anno – esordisce – e merita di essere tra le prime cinque della mia carriera. Una impresa incredibile poiché la Buckler arrivava da cinque vittorie di fila, era un’autentica corazzata, sembrava imbattibile. Noi eravamo considerata la cenerentola e sfoderammo una prestazione mostruosa sovvertendo ogni pronostico. Sarò sincero: ogni tanto me la riguardo in tv ed è sempre emozionante. Pur essendo passati quasi vent’anni fa un effetto strano rivedere i 7000 del Paladozza increduli sulla sirena finale. Quella rimessa regalata a Coldebella che è passata alla storia. Ma soprattutto il sorriso del povero Davide Ancilotto abbracciato dai compagni. Sensazioni indimenticabili che fanno parte della storia del basket italiano e sono orgoglioso di averne fatto parte”. Il match, come detto, fu particolarmente equilibrato. Alla fine decisero i canestri di Bonaccorsi e Shackleford: “Quell’anno – continua il ‘bomba’ – ebbi la fortuna di giocare con un grandissimo come Charles. Disputammo un ottimo girone di andata. C’era entusiasmo, giusta miscela di giovani ed esperienza. Non avremmo mai immaginato che sarebbe potuta finire così. Avemmo diversi problemi, meritavamo i playoff ma ci ritrovammo in A2 quasi senza accorgercene. La vittoria a Bologna fu una delle soddisfazioni di quell’inizio di stagione. Mi accorsi che potevamo farcela quando con il passare dei minuti vedevo gli occhi dei compagni, anche dei più giovani, brillare di una luce intensa. Era la voglia di vincere, la consapevolezza di poterci riuscire. Fazzi infilò sul finire due liberi fondamentali. L’ultimo pallone me lo passò Shack e brucia la retina. Quando una stella americana ti affida il pallone dell’ultimo tiro, quello decisivo, significa che ha piena fiducia in te. Andò bene e fu festa grande”. Dal gennaio ’94 poi le cose cambiarono. Shackleford iniziò ad avere problemi fisici, il taglio di Gray resterà per sempre un mistero e gli arrivi di Wood e Tinkle non fecero la differenza. “Ci fu un calo di tensione – conclude Bonaccorsi – una serie di risultati negativi, infortuni a catena, si ruppero alcuni equilibri e a volte ci complicammo la vita da soli (vedi Montecatini in casa). Di Caserta conserverò sempre un ricordo stupendo perché ho incontrato persone eccezionali. Un anno sfortunato dal punto di vista sportivo, ma che mi ha dato molto sotto il profilo umano”.