«Finché la matematica non ci condannerà definitivamente, continuerò a sperare e a lottare per i nostri obiettivi». Non ci poteva essere dichiarazione migliore. Non ci poteva essere esortazione migliore per continuare a lottare. Alex Righetti di sicuro continuerà a farlo cosi come ha fatto in tutta la partita di domenica scorsa contro la formazione che più gli è rimasta nel cuore nella sua lunga carriera. Un guerriero prima in difesa e poi in attacco, per lui che nelle partite precedenti aveva fatto praticamente al contrario od in molte occasioni anche contemporaneamente le due cose. Almeno fino a che le energie glielo hanno permesso. Per maggiori informazioni chiedere a chi è stato praticamente annullato, Gigi Datome, che nel primo tempo della sfida di domenica, non ha potuto fare altro che cedere il passo all’esperienza ed alla difesa del riminese, che lo ha portato a commettere tre falli in un amen. Difesa che però, ha provato a mettere da parte nelle fasi conclusive della sfida, quando le energie e la voglia di rivalsa di Datome (che per tutta la restante parte del tempo era rimasto a guardare mentre Righetti scorrazzava per il campo provando a dare una spinta alla Juve verso il successo ndr) ha fatto la differenza, e provando a colpire in quella che è la sua arma migliore: la lunga distanza e canestri nei momenti cocenti se non bollenti della partita. Gli è andata male, perché come in altre occasioni i suoi canestri non sono bastati, cosi come non sono bastati quelli di Smith, contro una squadra che aveva letteralmente chiuso l’area e lasciato i bianconeri ad un unico destino, ovvero le triple e le basse percentuali da dietro l’arco.
«Ci è mancata attenzione e gestione del ritmo. Quando eravamo avanti di nove punti dovevamo amministrare meglio alcuni possessi dove invece abbiamo fatto fatica realizzare punti importanti. Detto questo poi, è logico che quando sei doppiato a rimbalzo difficilmente vinci e alla fine contro Roma i numeri, da questo punto di vista, non ci hanno dato ragione; la zona può essere utile in alcuni frangenti ma ho sempre pensato e sono cresciuto sapendo che le partite si vincono a uomo».
Chiaro preciso e conciso. Ancora più chiaro è stato poi, il leader morale della formazione diretta in panchina da coach Pino Sacripanti, nel valutare quello che al momento è il dato più rilevante delle sofferenze dei bianconeri sui ventotto metri di campo: la mancanza di un giocatore, ma soprattutto la mancanza di un lungo. La presenza di Fletcher, infatti, dava una diversa possibilità di impiego ed un’ampia scelta di soluzioni tattiche con i tre lunghi che erano stati portati all’ombra della Reggia perché complementari tra di loro. Con Fletcher si era sempre nella possibilità di avere un giocatore interno ed uno esterno o con Smith e l’ex Teramo assieme, anche quella tattica di portare entrambi i lunghi fuori dal pitturato per onorare il tiro dalla media-lunga distanza, permettendo quindi agli esterni di esplorare in maniera anche più tranquilla l’area colorata. Senza l’americano di passaporto macedone, invece, la soluzione diventa unica: un lungo interno e cioè Stipanovic (con cui è possibile giocare in maniera efficace solo il pick and roll) ed un lungo che può avere quella doppia dimensione di cui si parlava prima e ci si riferisce ovviamente ad Andre Smith. Tutte le altre soluzioni portano ad abbassamenti di quintetti, a giocatori fuori ruolo e quindi miss-match da sfruttare dal punto di vista degli avversari.
«E’chiaro che visto come e quanto stiamo subendo dentro in vernice diventa facile trovare alibi o scuse sulla mancanza di un lungo, ma è proprio questo il nostro problema principale, trovare scuse ed alibi invece di trovare un rimedio sul campo. A mio parere otto buoni giocatori bastano per giocare una volta a settimana».
Quindi ora cosa ti aspetti?
«Reazione e voglia, ma soprattutto iniziare ad imparare dai nostri errori. In questo campionato abbiamo perso tanti punti e abbiamo dimostrato di non imparare da queste lezioni, è giunto il momento».
Che partita ti aspetti con la Vanoli?
«Cremona è una squadra solo all’apparenza, molto più normale rispetto agli ultimi avversari che abbiamo incontrato, ma mette lo stesso tanta pressione fisica e quindi per noi il discorso non cambia».
Quale la chiave?
«Quella di sempre: gestione del ritmo e controllo dei rimbalzi e palle perse».
Il tuo appello al pubblico in vista di questa seconda sfida interna?
«Spero ci stia vicino e continui a darci una mano come ha sempre dimostrato fin qui, anzi ne sono sicuro».