«Mi dispiace di essere qui e parlare di una sconfitta frustrante come quella di questa sera. Frustrante soprattutto se penso al lavoro che abbiamo fatto in settimana con la squadra ed il modo in cui l’avevamo preparata. Ma soprattutto mi dispiace tantissimo per i tanti tifosi accorsi. Ormai questa contro Roma è la quarta sconfitta consecutiva ed è un bel po’ di tempo che ormai non ci vedono vincere sul nostro campo».
Dispiacere. Questo il sentimento che coach Pino Sacripanti ha mostrato alla fine della sfida persa tra le mura amiche, la quarta in fila, contro i capitolini dell’Acea Roma. Dispiacere per la squadra, ma soprattutto dispiacere per chi dagli spalti, ancora una volta, non ha potuto fare altro che applaudire la truppa bianconera che come sempre c’ha provato fino alla fine. C’ha provato fino a che le energie fisiche, ma soprattutto fino a che la freschezza atletica e la taglia fisica non ha fatto la differenza. Fino a che la mancanza di centimetri sui lunghi non ha giocato letteralmente a favore degli avversari che hanno costretto di volta in volta la Juve a suonare sulla stessa tonalità di basket e senza mai dare loro la possibilità di alzarla per acuti mozzafiato, cosi come era stato in passato.
«A volte in seguito ad una sconfitta – ha continuato il timoniere canturino – guardare i numeri non serve tanto. Questa volta credo, invece, che i numeri dicano tutto. Per esempio il doppio dei rimbalzi che abbiamo concesso a Roma oppure il 26% da tre punti con il 2/11 nel solo ultimo quarto di gioco. Numeri che ci hanno dato quella poca consistenza e quella poca pericolosità nell’altro tipo di gioco che non è il tiro da tre punti. Ma come al solito ci abbiamo provato. Siamo dei professionisti. E’ indubbio che la decisione di separarsi da Fletcher aveva anche una natura economica e quindi un consistente risparmio per la società in termini di ingaggi e quindi sul cammino verso la chiusura della stagione. Ma ormai è cosa fatta e dobbiamo guardare a noi ed al resto del cammino facendo ed agendo con quello che si ha. Abbiamo sofferto la fisicità e l’atletismo di una squadra che ci ha dominato, da questo punto di vista nel quarto periodo. Abbiamo subito, poi, 34 punti nei soli dieci minuti finali con cali che non riusciamo ad eliminare e quindi con concentrazione che non riusciamo a spalmare su tutti i 40’ ed il gioco da cinque punti derivante dal fallo e canestro sul tiro da tre sul finire del terzo periodo e conseguente canestro per mancanza di taglia fuori da parte degli esterni sul tiratori, ne sono la più nitida dimostrazione».
Ancora di più, insomma, quando con il quarto fallo di Stipanovic (quello al limite della stessa esistenza e considerazione del fallo, dal momento che il lungo croato era fermo con le braccia alzata mentre aspettava che l’attaccante facesse la sua mossa ndr), ha tolto presenza all’interno dell’area colorata che faceva pensare quel minimo necessario ai vari Slokar e Varnado, non solo per attitudine alla difesa ma specialmente in questione di dimensioni e centimetri. Senza il suo contributo Smith ha dovuto fare gli straordinari, Doornekamp ha dovuto mascherare il suo ruolo naturale passando la maggior parte del proprio tempo a lottare contro la front line giallorossa, lasciando al resto della ciurma l’unica arma per provare ad aprire l’area: il tiro da tre punti. Ma come spesso accade quando hai un solo tipo di freccia da scagliare, la giornata non è mai quella buona. Dopo la raffica di Collins che ha dato il recupero prima ed il sorpasso dopo ai casertani, la Juve ha trovato spesso ed anche volentieri solo il ferro del canestro. Solo due le triple mandate a bersaglio negli ultimi dieci minuti. Troppo poche per impensierire la difesa romana e quindi costringere gli avversari ad allontanarsi dam quell’anello protetto dalle braccia lunghe del recordman Ncaa ex Mississippi State. Troppo poche per controbattere ai colpi degli avversari dall’altra parte del campo ed un Datome che nel finale si è ripreso con gli interessi i tre falli commessi nel primo tempo contro Righetti che nel quarto periodo ha ritrovato canestro e la giovane età dell’esterno della nazionale su amo i lati del campo cosi come chiosa lo stesso Sacripanti nel terminare il suo intervento post partita: «Credo che la chiave della vittoria di Roma sia riconducibile al contemporaneo fischio del quarto fallo a Stipanovic che ci ha privato di presenza, fisico e centimetri sotto canestro e l’entrata di Datome in campo. I tre falli del primo tempo lo avevano costretto a stare in panchina per tanto tempo e quando è entrato non solo era molto più riposato, ma ci ha anche punito con tre canestri importanti e con un paio di difese che hanno cambiato il volto della partita».