«Vista la sconfitta contro la Scavolini Pesaro dove le energie venute meno nel finale hanno avuto la loro parte di importanza, visti due giocatori che avevano bisogno di prendere sempre più confidenza con il campo e con il ritmo partita come Rose e Tusek, ma soprattutto in vista della sfida contro un’avversaria difficile come Cantù, l’amichevole contro Avellino era quello che ci serviva». Parte dallo scrimmage in terra beneventana contro gli irpini di coach Vitucci, l’analisi ed il cammino di Alex Righetti verso il ‘face to face in brianza contro la Bennet di Trinchieri. La seconda del terribile trittico che la Juve ha iniziato ad affrontare la scorsa settimana proprio contro la Scavolini e che terminerà con la classica del basket italiano tra sette giorni al Palamaggiò contro l’Emporio Armani che nell’ultima sfida di Eurolega ha dimostrato di essere la copia esatta di Dottor Jekyll e Mr.Hyde.
«Giocare subito una partita dopo la sconfitta con la Scavolini è come se ci avesse dato al possibilità di mettere in pratica da subito i correttivi agli errori che abbiamo commesso sabato scorso, ma soprattutto di rimettere in moto giocatori come Tusek e Rose. Specie quest’ultimo aveva bisogno di provare ancora prima di una sfida la propria caviglia, di sentire più fiducia negli appoggi durante un match con un buon grado di agonismo, per arrivare alla partita contro Cantù in condizione migliore rispetto a quella contro Pesaro. Non è mai facile tornare da un infortunio e quindi questa amichevole è stata importante anche per lui».
Dal punto di vista tecnico cosa vi ha dato?
«La possibilità di testare immediatamente la nostra intensità, di continuare il processo di integrazione nei giochi sia offensivi che difensivi di Tusek e di una ulteriore occasione per limare alcune parti del nostro gioco e dovute principalmente al fatto che siamo una squadra nuova e che alcuni aspetti si migliorano solo col tempo e scendendo in campo tutti uniti. Ci sono delle note positive anche nell’ultima sconfitta contro la Scavolini che è sempre la stessa squadra che ha battuto in trasferta la Bennet e quindi un campo dove saremo noi di scena questa settimana. Dispiace, ovviamente, per il risultato, ma abbiamo dimostrato ancora una volta di potercela giocare contro tutti».
Domenica sarà il vostro turno al Pianella e contro una squadra che ha dovuto spendere ulteriori energie in Eurolega perdendo dopo un supplementare. Provare a sfruttare la stanchezza di Cantù, potrebbe essere un’idea?
«Sicuramente un piano partita interessante. Giocare il doppio impegno non è mai facile per nessuno, specie poi se questo doppio impegno prevede una trasferta in Turchia ed un supplementare per provare a vincere il match. Questo però non deve essere un alibi per noi. Cantù è una squadra che è costruita per affrontare entrambe le manifestazioni. Quello che dobbiamo fare è scendere in campo con lo stesso piglio mostrato fino ad ora, giocare la nostra pallacanestro e rispettando en non sottovalutare in nessuno modo possibile Cantù».
Cosa ti preoccupa di più della Bennet?
«La conoscenza del sistema. Ogni anno aggiungono qualcuno, ma sostanzialmente sono anni che il gruppo base gioca assieme e conosce quindi alla perfezione i movimenti e il modo di giocare di tutti i compagni. Giocano a memoria, limitare solo qualcuno potrebbe essere inutile, bisogna limitare la squadra».
In attacco o in difesa. Dove secondo te bisogna far lavorare di più Cantù per provare poi a portare a casa l’impresa?
«Su ambo i lati del campo. Da un lato dobbiamo evitare di farli segnare subito ed in maniera facile. Dobbiamo difendere duro per quanti più secondi è possibile; farli muovere e far muovere la palla. Dall’altra evitare di mettere in scena una partita basata sul ‘corri e tira’ potrebbe anche essere un suicidio».